Sovranità ed Europa
La cessione della sovranità non è stata dettata da impulsi di natura ideologica europeista ma spesso è stata un espediente al quale gli Stati si sono rivolti per recuperare in parte una capacità di agire comunque compromessa. Nel caso dell’Unione Economica e Monetaria Europea, la scelta di rinunciare al possesso di divise nazionali e alla determinazione in sede nazionale della natura della politica monetaria è discesa dalla constatazione che la gran parte dei Paesi europei subiva passivamente le decisioni sui tassi d’interesse che assumeva la Bundesbank tedesca senza poter utilizzare alcuno strumento per condizionarla.
L’Euro e la creazione della Banca Centrale Europea sono stati così il modo escogitato dai Paesi che hanno aderito al progetto per recuperare una sovranità di fatto perduta a suo tempo per effetto della evidente supremazia conquistata nella sfera finanziaria dalla Repubblica Federale Tedesca. Non a caso, vi si è sottratta la Gran Bretagna, che aveva conservato la capacità di definire autonomamente la caratteristiche della propria politica monetaria anche nel corso degli anni ottanta. La cessione di sovranità è stata decisa soltanto quando si è rivelata per tutti funzionale alla promozione degli interessi nazionali sul terreno della politica commerciale ed industriale.
Parallelamente alla cessione di sovranità gli Stati Europei hanno subito un processo di compressione delle loro competenze ad opera degli enti locali e dei corpi intermedi come le Regioni che, in Italia, a dispetto delle previsioni della Legge e della stessa Costituzione, stanno accrescendo da oltre un decennio il proprio profilo internazionale, sviluppando una vera e propria politica estera. Se l’impresa e i capitali privati hanno conquistato la possibilità di scegliere dove andare a produrre e farsi tassare, i lavoratori dipendenti sono rimasti ancorati al territorio nazionale, ed esposti al rischio della deindustralizzazione e della disoccupazione. Gli Stati hanno subito una significativa riduzione della capacità di governare l’economia, un fenomeno che ha finito di mettere in discussione la tenuta dei bilanci e quindi i Governi sono di fatto costretti a seguire le logiche del mercato. I prossimi mesi saranno un terreno di prova cruciale per la maturità dei cittadini e dei movimenti europei di insorgere e pretendere democrazia, eguaglianza, e istituzioni transnazionali capaci di garantire entrambe.
E’ probabile che si andrà verso un graduale cambiamento dei trattati europei per garantire una governance economica sempre più coesa, ma è lecito temere che questa governance prenderà sempre più a suo modello la pratica del commissariamento perpetuo e la sottomissione anche costituzionale alle logiche e agli interessi della finanza.
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