Figlia mia (Film, 2018)
Laura Bispuri dimostra qualità da grande regista, come altre sue colleghe (Anne-Riitta Ciccone, Susanna Nicchiarelli…), confermando la regola che la speranza del cinema italiano viene dalle donne. Forti della citazione monicelliana possiamo esclamare convinti: Speriamo che sia femmina! Una storia ambientata benissimo in una Sardegna percossa dal vento e bruciata dal sole, in ambienti rurali degradati, dalle parti di Cabras e del famoso stagno. Una storia di madri naturali e affettive che si contendono una figlia, tra un malinteso amore quasi animalesco e un bisogno di affetto estremo che non comprende le necessità di una figlia.
Vittoria (Casu) è figlia di Angelica (Rohrwacher), ma non lo sa perché è stata cresciuta fino a undici anni da Tina (Golino) e Umberto (Carboni). Un giorno si avvicina quasi per caso alla madre naturale, comincia a frequentarla e comprende di essere legata a quella donna così strana da un forte legame di sangue. Angelica soffre di gravi problemi psicologici, vive in compagnia di cani, cavalli e maiali in una casa abbandonata tra le montagne, si ubriaca e si prostituisce in un locale malfamato con chi le offre da bere. Tina non vorrebbe perdere la figlia che ha cresciuto con tanto affetto, isolandola dagli altri per non farle commettere errori, ma il suo è un amore egoista che non tiene conto delle pulsioni della bambina.
Laura Bispuri scrive insieme a Francesca Manieri una storia declinata al femminile, toccante e vera, commovente e lucida, dove gli uomini scompaiono, sono sempre in secondo piano, soprattutto non sono mai determinanti. Interpretazioni eccellenti, una spanna sopra gli altri una Rohrwacher al massimo della forma, calata in un ruolo complesso da madre puttana e donna inconsapevole, incapace di dare amore a una figlia anche se lo vorrebbe. Molto brava Valeria Golino nei panni della madre coraggio che vede soltanto la figlia e per lei trascura il marito, ma in fondo al suo amore si cela un grande egoismo. Notevole la bambina – Sara Casu – che recita con intensità la parte della figlia contesa, indecisa fino in fondo tra due donne che chiama mamma con lo stesso trasporto, al punto di non voler decidere e di non saper scegliere.
Scenografie realistiche, montaggio rapido, spaccati di Sardegna tra mare e montagne, musica popolare sarda in sottofondo, fotografia giallo ocra che stempera i personaggi in secondo piano e pone l’accento sui veri protagonisti. Laura Bispuri – al secondo film dopo Vergine Giurata – è padrona della tecnica in modo assoluto, tra inquietanti soggettive e convulsa macchina a mano, tratteggia con inquadrature rapide e nervose la disperazione, la paura e l’angoscia. Ottime parti teatrali con le due madri che recitano insieme momenti complessi di una storia mai sopra le righe, da consumate attrici immedesimate nei reciproci ruoli.
Un film come non se ne vedono molti nell’asfittico panorama cinematografico italiano, soprattutto non sono programmati nei grandi cinema, ma restano relegati ai circuiti d’essai. Noi lo abbiamo visto grazie al Cinema Stella di Grosseto, un piccolo gioiello di sala che resiste in un Dopolavoro Ferrovieri della provinciale Kansas City tanto cara a Bianciardi.
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Regia: Laura Bispuri. Soggetto e Sceneggiatura: Francesca Manieri, Laura Bispuri. Musica: Nando Di Cosimo. Fotografia: VladanRadovic. Montaggio: Carlotta Cristiani. Scenografia: Ilaria Sadun. Costumi: Antonella Cannarozzi. Produttori: Marta Donzelli, Viola Fugen, Gregorio Paonessa, Maurizio Totti, Michael Weber. Paesi di Produzione: Italia, Svizzera, Germania. Distribuzione: 01 Distribution. Interpreti. Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Sara Casu, Michele Carboni, UdoKier. Genere: Drammatico. Durata: 100’.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]