Populismi e nuovi Masaniello

Probabilmente tutto iniziò con Spartaco che coinvolse schiavi e gladiatori in una rivolta terminata con la morte di oltre sessantamila ribelli. Forse andò meglio ai fratelli Gracchi. Ma anche loro non ebbero certo grande fortuna. Dopo troviamo la crociata dei poveri, che vide oltre ventimila morti tra i seguaci di Pietro l’eremita, e poi la cosiddetta Crociata dei fanciulli il cui condottiero, tale Stefano fece vendere come schiavi i suoi seguaci. Fu poi la volta di Cola di Rienzo, i cui lusinghieri risultati iniziali vennero distrutti da lui stesso con atteggiamenti da nuovo salvatore dei popoli.

Possiamo poi saltare direttamente a Masaniello, il più emblematico tra i capipopolo che, nati dal nulla, sono riusciti a trascinare masse più o meno numerose e animate da buoni ideali, talvolta, anche propositivi. La storia del pescatore di Napoli che, divenuto leader della rivolta antispagnola, nel giro di pochi giorni si lasciò prendere da manie di onnipotenza e fece la fine a tutti nota, è quella che rappresenta al meglio i movimenti che hanno cercato di sovvertire il potere in Italia.

La loro caratteristica principale è quella di fini ingloriose e una precoce dipartita violenta dei loro promotori, oltre a non avere solide basi se non quelle della rabbia e della mancanza di visione. Altri tempi, e nulla veniva perdonato a chi falliva, specialmente dai propri seguaci. I tempi sono cambiati ma continuano a non mancare, con i dovuti distinguo, i nuovi Masanielli.

Guglielmo Giannini con il suo movimento dell’Uomo qualunque ebbe nel periodo 1946-1948, non solo un momento di notorietà, ma anche un peso politico non proprio irrilevante ma non seppe sfruttarlo adeguatamente e, dopo le elezioni del 18 aprile 1948, il partito che si era sviluppato dalle sue idee lanciate sul suo giornale (appunto l’Uomo qualunque), si spense, senza lasciare traccia.

Abbiamo visto il movimento di Mariotto Segni, nato da un’idea referendaria e con un leader che ben sembrava poter aspirare ad alte cariche, come poi si sia arrotolato su sé stesso e scomparso. Dai tempi degli antenati romani assistiamo periodicamente alla nascita di movimenti e relativi leader che cavalcano gli entusiasmi di un determinato momento storico oppure un sentimento di facile e rapida presa popolare. Ma lì si fermano.

Anche la lega Nord nacque sugli stessi principi, salvo poi evolversi in una diversa direzione. Successivamente il Dipietrismo, sorto con l’identificazione del proprio leader in una bandiera contro il male della precedente politica e dei politici presenti e passati, in una chiave giustizialista. In ogni caso tutti questi gruppi o movimenti sono nati senza una benché minima base ideologica o culturale o su un progetto a lunga scadenza. Anche il movimento di Grillo non fa eccezione: nasce da un populismo di facile presa, finalizzato alla distruzione della classe politica, ma senza basi ideologiche concrete né programmi realizzabili.

Per avere la possibilità di resistere e sopravvivere dentro il sistema che si vuole distruggere e porsi in maniera propositiva, il passo è lungo e per farlo servono idee e personalità credibili, anche a livello culturale, e non che abbiano creato la loro carriera sull’insulto. Non dimentichiamo il V day, chi ha saputo cavalcarlo e che non riesce ad andare oltre. Mancando una solida base culturale e una preparazione, oltre a un progetto, non è possibile chiedere altro.

Da Spartaco in poi, le caratteristiche (forse tipicamente italiane) di questi movimenti e leader, sono state la temporaneità, e il porsi solo in ottica distruttiva, senza idee creative se non quella salottiera di un mondo migliore, salvo poi lasciare ad altri la ricostruzione dalle macerie che volevano generare e, spesso, hanno generato. Il caso Roma appare emblematico.

La Lega è probabilmente un’eccezione; l’ampia base territoriale e popolare che hanno supportato la sua nascita sono stati bastevoli per darle la capacità di stabilizzarsi. La presenza di personalità che hanno saputo muoversi in politica ha permesso il salto di qualità che, in alcuni momenti, viene dimenticato dall’attuale segretario che non dimentica il populismo di base del suo elettorato.

Un politico dovrebbe essere ateo, non nel senso religioso del termine, bensì scevro da ogni condizionamento derivante da posizioni preconcette e ideologiche che possano fuorviarlo dal proprio impegno, di proporre e gestire idee. Non semplicemente criticare. Il rischio è quello di creare nuovi Masaniello di occasione che hanno il loro destino, come quello dei loro predecessori, già scritto nell’ordine delle cose.

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