Sacha Naspini e “Le case del Malcontento”
Piombino (Livorno) – Sala Consiliare del Comune, dove solitamente parlano politici di problemi cittadini. Per un giorno è protagonista la letteratura, con Sacha Naspini e il suo ultimo sorprendente lavoro, Le case del Malcontento (Edizioni “e/o”), un’epopea maremmana, un grande romanzo corale che si abbevera alle fonti più nere e angoscianti di questa terra.
“Ho voluto partire da un microcosmo per raccontare il mondo. Spero di esserci riuscito. So che questi personaggi sono parte di me, che questa terra, questo paese di fantasia che potrebbe essere ogni paese della Maremma contiene le mie radici”, afferma con decisione l’autore.
Presentare un autore che ha mosso i primi passi con te, dalla tua piccola casa editrice di provincia per approdare a E/O, Rizzoli, Guanda, non è facile, ma è anche una grande soddisfazione. Ti fa capire che in fondo il tuo lavoro serve a qualcosa.
“Il mio primo romanzo, L’ingrato, edito dal Foglio Letterario nel 2006, precede e anticipa questa narrazione più compiuta, contiene alcuni personaggi che qui vengono sviluppati, in nuce esiste l’analisi della terra maremmana, del piccolo paese con tante esistenze derelitte, ognuna con i suoi scheletri nell’armadio. I sassi, invece, è un noir internazionale ambientato a Praga, ci sono i temi della mia narrativa, c’è l’atmosfera da thriller, di tensione, che in fondo esiste anche nella Case”, precisa l’autore.
Un ritorno inatteso che fa scoppiare conflitti irrisolti, questo è il romanzo. Una Spoon River in prosa, scritta in prima persona. Possiamo dire, senza timore di fare paragoni irriverenti, che L’ingrato è il Jean Santeuil di Naspini – un abbozzo incompiuto in terza persona – mentre Le case sono La recherche, romanzo intenso e risolto, scritto in una vibrante prima persona. In verità si tratta di tante prime persone, ben caratterizzate, ognuna con la sua voce definita e diversificata grazie a un minuzioso lavoro di artigianato narrativo. Solo quando parla il paese, quando si sciolgono i fili della narrazione e si prepara il colpo di scena, abbiamo la terza persona.
“In fondo è il paese il vero protagonista. Il ritorno del personaggio principale fa esplodere una serie di conflitti e situazioni latenti, fa destare dal letargo gli abitanti, portandoli a prendere decisioni impreviste. Il romanzo è una sorta di raccolta di racconti maremmani, ogni personaggio è così importante che avrebbe avuto diritto a un libro autonomo. Ho gestito le varie esistenze come nella sceneggiatura di un serial televisivo, facendo attenzione al linguaggio (mai dialettale) e all’atmosfera cupa di un piccolo paese quasi abbandonato, popolato da vecchi e tipi strani”, conclude l’autore.
Una bella giornata di letteratura, arricchita dalla competenza del Teatro dell’Aglio (Maurizio Canovaro e Michele Paoletti) per interpretare le voci del paese, da una gestione perfetta di Gabriella Fabbri e Paola Pellegrini, due persone di cultura che hanno voluto questo pomeriggio dedicato a un nostro autore che frequenta territori importanti della narrativa nazionale. Un autore che porta la Maremma nel cuore anche quando si trova in America o a Praga, che non ha dimenticato le sue radici, ma non per questo le racconta in termini consolatori. Non è il suo modo di far letteratura.
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