Vita vissuta da me medesimo
Mancava alla narrativa italiana un racconto in presa diretta fenomenologico e di costume sull’irripetibile (anche in Europa) esperienza del Movimento 5 Stelle. Politica e sentimento si sintonizzano nel romanzo di Daniele Poto “Vita vissuta da me medesimo” (Edizioni Abao Aqu) dove il richiamo vintage del titolo è volutamente disomogeneo rispetto alla cadenza pop del racconto.
“Me medesimo” è quello che si definirebbe uno spiantato, un uomo di mezz’età che vive di lavori provvisori e precari quando viene imbarcato sulla barca “grillina” con la classica raccomandazione all’italiana. E’ una brusca sterzata rispetto ai ritmi blandi della propria esistenza che gli permette di chiudere senza traumi la scioccante esperienza sentimentale con una donna forte denominata Depredatrix e la cui identità e il cui ruolo nel plot si scioglierà solo nell’ultima pagina.
E’ un ritratto a tinte forti dove predomina sullo sfondo un’Italia depressa, rassegnata, ripiegata su stessa, con cittadini e consumatori border line secondo le leggi per l’antropologica e nostrana arte di arrangiarsi. Un mondo in cui è diventato un optional mettere la freccia quando si gira in macchina e, tanto meno, soccorrere un barbone che versa in fin di vita.
“Me medesimo”, libero pensatore, è uno che sembra aver risolto l’originario “voglio cambiare il mondo” in un ben più modesto “cerco di fare in modo che il mondo non cambi me”. L’occasione della politica, come assistente parlamentare di un onorevole di M5s, gli consentirà di conoscere un mondo che non l’hai mai sfiorato e che, anzi, forse è la causa della sua precaria condizione sociale.
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