Strage nel Texas e lacrime di coccodrillo
Ormai le tristi e terribili notizie di stragi in scuole americane non ci fanno neppure più impressione, tanto sono tragicamente frequenti. Di nuovo un folle che irrompe armato tra professori e alunni e ne uccide a decine. E di nuovo il pianto da coccodrillo di Trump.
Va da sé che si tratta di squilibrati che è impossibile controllare e prevenire. Va da sé che quegli atti colpiscono persino la pellaccia dura del Presidente USA. Ma le sue sono lacrime da coccodrillo. Ogni tragedia è resa possibile dalla facilità con cui in gran parte degli Stati Uniti si possono comprare e possedere armi anche letali, anche da guerra, sotto la protezione di un emendamento costituzionale vecchio di secoli ma, soprattutto, sotto quella di una lobby poderosa di fabbricanti appoggiata a spada tratta dallo stesso Trump e magari anche da una minoranza attiva e fanatica della popolazione più retriva.
Ad ogni nuova strage, a chi reclama con disperazione un’abolizione – o almeno una severa limitazione e controllo – dell’acquisto di armi, come in ogni altro paese civile dell’Occidente, si continua ad opporre l’ignobile mantra: “gli uomini uccidono, non le armi”. Come se per uccidere non servissero armi. Come se la follia omicida per sfogarsi a larga scala non avesse bisogno di armi poderose come quelle che si possono legalmente acquistare e possedere in molte parti degli Stati Uniti.
Un presidente che continua a privilegiare gli interessi di una lobby alla protezione dei suoi propri cittadini, un presidente che, ancora ieri, dopo la strage di Portland, proponeva come rimedio quello di armare e addestrare gli insegnanti, trasformando così ogni scuola in una specie di Fort Alamo; un presidente così è degno del disprezzo e della esecrazione che, prima o poi, gli abitanti del suo Paese gli tributeranno. Da noi, a quanto pare, ci sono soli gli ineffabili Grillo e Salvini a elogiarlo, come elogiano l’altro campione dei diritti umani, lo zar Putin.
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