Iran e Israele, migliori nemici al mondo

La tensione è al massimo tra Iran e Israele, dopo i colpi di mortaio inviata sulle basi iraniane in Siria in risposta a quelli sul Golan. Torniamo sulle relazioni tumultuose tra queste due potenze regionali antagoniste da lungo tempo.

Del tutto prevedibile, la prospettiva di una deflagrazione generalizzata del Medio Oriente, è riemersa nella notte tra mercoledì 9 e giovedì 10 Maggio, frutto di un primo confronto diretto, secondo lo Stato ebraico, tra l’esercito israeliano e le forze iraniane dopo un lungo periodo di stallo. Ma la storia tra iraniani e israeliani non è sempre stata così, anzi, era cominciata bene tra due Stati isolati in un Mondo arabo a maggioranza sunnita, dopo la creazione dello Stato ebraico nel 1948. L’ostilità ormai ben nota tra i due Paesi nasce dalla caduta dello Shah Mohammed Reza Pahlavi, dovuta  alla rivoluzione del 1979, e l’instaurazione di una Repubblica teocratica sciita da parte dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini. Prima dell’arrivo al potere del clero sciita, le loro relazioni erano più che cordiali. L’Iran è stato il secondo Paese musulmano a riconoscere Israele nel 1950, un anno dopo la Turchia. Teheran e Tel Aviv erano legate da un partenariato ufficioso, basato su di una stretta cooperazione sul piano militare, tecnologico, agricolo e petrolifero. Dopo la destituzione dello Shah, il tono cambia. Già nei suoi primi discorsi, Khomeini, guida suprema della rivoluzione, designa i due principali nemici dell’Iran: gli Stati Uniti, il “grande Satana”, e il suo principale alleato nella regione, Israele, il “piccolo Satana”. Desideroso di estendere l’influenza della rivoluzione islamica nel mondo musulmano e di legittimare il potere del clero, il dirigente iraniano, autore di numerosi scritti antisionisti, si erige in difensore della causa palestinese e come primo nemico di Israele. Un Paese che vuole vedere “sparire” per “liberare Gerusalemme”. Yasser Arafat, allora capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), è il primo dirigente straniero a recarsi in visita ufficiale a Teheran. Viene accolto da una folla inneggiante il grido  “morte a Israele”. Nel 1982, Ruhollah Khomeini ordina la creazione di una milizia islamista, gli Hezbollah, in Libano, dove vive un’importante comunità sciita. Il suo obbiettivo: combattere l’esercito israeliano, che occuperà il sud del Paese del Cedro, che ha invaso nel 1982, fino al 2000.

A metà degli anni ’80, mentre la guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) è nel pieno della sua violenza, negli Stati Uniti scoppia uno scandalo che coinvolge il Paese allora guidato dal Presidente Ronald Reagan. Malgrado i discorso anti-americani e anti-israeliani scanditi dal potere iraniano, Washington avrebbe segretamente autorizzato la vendita di armi a Teheran, attraverso la mediazione dello Stato Ebraico, per la rimessa in libertà di alcuni ostaggi americani trattenuti in Libano da alcune milizie filo iraniane. Parte dei ricavi di questa operazione sarebbero stati riversati dalla CIA ai Contras del Nicaragua, in lotta contro il sandinista Daniel Ortega. Tutte accuse smentite e definite come propaganda da Khomeini. All’epoca, Israele considerava il regime di Saddam Hussein come un pericolo che richiedeva la priorità. Nel 1981, l’aviazione israeliana bombarda il reattore nucleare iracheno di Osirak, considerato una minaccia diretta. Nel 1989, l’Amministrazione americana rivela inoltre l’acquisto di 36 milioni di dollari di petrolio iraniano da parte di Israele. Una transazione eseguita con l’obbiettivo di ottenere la liberazione di militari israeliani imprigionati in Libano da parte di gruppi armati filo iraniani. Dieci anni dopo, a metà del 1990, Israele si preoccupa per la ripresa del programma nucleare iraniano per uso civile, con l’aiuto della Russia, interrotto dopo la rivoluzione del 1979. Malgrado i dinieghi della Repubblica Islamica, ormai diretta dall’Ayatollah Ali Khamenei, lo Stato ebraico sospetta che gli iraniani cerchino di dotarsi di un arsenale nucleare. Una minaccia reiterata dai vari governi israeliani, laddove la tensione con Teheran rimane accesa. Tel Aviv accusa soprattutto gli iraniani di aver commissionato all’Hezbollah libanese, l’attentato del 1994 contro le istituzioni ebree dell’Argentina a Buenos Aires.

All’inizio degli anni 2000, le tensioni salgono di uno scranno con lo sviluppo dei missili balistici a lunga gittata in Iran, che si pensa siano addirittura caricati con ogive nucleari. L’elezione alla presidenza dell’Iran dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad nel 2005, che si iscrive nella logica di confronto con l’Occidente e lo Stato ebraico fa salire di un altro gradino l’ostilità tra i due Paesi. Le sue diatribe  ripetute all’infinito contro Israele, “una creatura artificiale condannata a sparire”, coincidono con l’avanzata del programma nucleare iraniano, e soprattutto con la volontà, per niente celata, di Teheran di arrivare all’arricchimento dell’uranio. Nel 2006, dopo la guerra che ha visto confrontarsi nel cuore dell’estate, l’esercito israeliano a Hezbollah in Libano, lo Stato ebraico accusa la Repubblica islamica di aver dotato il movimento condotto da Hassan Nahrallah di un arsenale che gli permetterebbe di colpire il cuore del territorio israeliano. Nel 2009, Teheran incolpa i servizi americani e israeliani di aver sconvolto il suo programma nucleare attraverso l’aiuto di un malware soprannominato Stuxnet. Gli iraniani, che affermano essere in pieno diritto di possedere questo tipo di energia da destinare ad un uso civile, punta anche un dito accusatore contro Tel Aviv dopo l’assassinio, nella capitale iraniana, di numerosi fisici e ingegneri specializzati. Più volte il Premier Benjamin Netanyahu lascia intendere che Israele potrebbe bombardare l’Iran; se la comunità internazionale non si prendesse le sue responsabilità. Da parte loro, gli Iraniani, colpiti da sanzioni economiche internazionali, ribattono che al primo colpo di mortaio avrebbero corrisposto con la stessa moneta.

Nel 2012, il Primo Ministro israeliano arriva a presentare, durante un’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il disegno di una bomba iraniana sul quale aveva segnato con il pennarello rosso una linea che designava, stile fumetto ma che in realtà non aveva nulla di faceto, il gradino prima dell’ultimo livello da raggiungere per l’arricchimento in uranio. Un anno prima, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AEIA) aveva sottolineato in un rapporto una “possibile dimensione militare” del programma nucleare iraniano. Mentre l’elezione nel 2013 di Hassan Rohani, un “conservatore moderato”, aperto alla negoziazione con l’Occidente, accelera i colloqui tra Teheran e le grandi potenze, l’Iran attiva le sue pedine in Medio Oriente. Le forze iraniane intervengono direttamente e soprattutto indirettamente attraverso le milizie che finanzia, presso i  vicini iracheni contro l’organizzazione del presunto Stato Islamico (ISIS), e contro  i ribelli e gli jihadisti sul territorio del suo alleato siriano. Il Governo israeliano porta avanti raid in Siria contro il regime di Bachar al-Assad, l’Hezbollah libanese e le forze iraniane. Tel Aviv afferma a più riprese il suo categorico rifiuto di vedere nascere basi iraniane vicino alle sue frontiere. La firma degli accordi di Vienna, nel luglio del 2015, che impegnano l’Iran a rinunciare all’arma atomica in cambio dell’annullamento delle sanzioni economiche, viene salutato dall’insieme della comunità internazionale, ad eccezione di Israele. Benjamin Netanyahu, ai ferri corti con l’Amministrazione di Barack Obama, madrina dell’Accordo, fustiga un testo, che non impedirà, secondo lui, agli iraniani di dotarsi di un’arma nucleare. “Fix it or Nix it” (riparatelo o sopprimetelo), ripete ogni volta che parla in pubblico. Verrà ascoltato oltreoceano da un candidato repubblicano in corsa per la Casa Bianca, un certo Donald Trump. Quest’ultimo smentisce tutti i pronostici e vince le presidenziali del 2016. Per tutta la sua campagna, il miliardario, che non nasconde le sue simpatie filo israeliane, aveva promesso di far uscire gli Stati Uniti dal “peggiore accordo” che questi avessero mai firmato.

Qualche giorno dopo una conferenza organizzata dai servizi di Benjamin Netanyahu nella quale affermava disporre nuove “prove schiaccianti” sul programma segreto  iraniano di dotarsi di una testata nucleare, Donald Trump l’8 Maggio passa all’azione. Nel corso della stessa serata, dei bombardamenti attribuiti ad Israele colpiscono “postazioni di milizie iraniane o di Hezobolah libabese”. L’inizio della ripresa della febbre attuale.

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