UNCLOS, la Convenzione di Montego Bay
L’UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea) è il risultato di circa 14 anni di lavoro che hanno coinvolto più di 150 Paesi e che si sono conclusi con la firma durante la conferenza delle Nazioni Unite svoltasi a Montego Bay (Giamaica) il 10 dicembre 1982, successivamente ratificata in Italia con la legge 2 dicembre 1994 n.689. Al momento 164 Stati hanno firmato la Convenzione. La Comunità europea ha firmato e ratificato, gli Stati Uniti hanno firmato, ma il Senato americano non l’ha ancora ratificata. La convenzione, per la precisione, si definisce UNCLOS III, in quanto si tratta della terza revisione dopo UNCLOS I firmata a Ginevra nel 1958 a seguito di due anni di trattative, ed UNCLOS II sempre tenuta a Ginevra nel 1960, ma terminata senza nessun tipo di accordo.
Il principio della Convenzione di Montego Bay è rivolto al superamento della vecchia dottrina che recitava la libertà dei mari, si è quindi passati dal mare di nessuno al mare di tutti. Il principio risalente al XVII concepito dal giurista olandese Cornelius van Bynkershoek e fondato sul ‘colpo di cannone’, consistente nel definire quindi un limite di acque territoriali di 3 miglia risultava superato dalle problematiche moderne. Dal diritto di pesca allo sfruttamento delle risorse sottomarine, ma anche i doveri in caso di soccorso in mare, alla luce dei crescenti movimenti migratori sui mari, tutto questo necessitava di un nuovo ordinamento giurisdizionale organico.
Asserito che gli spazi oceanici sono strettamente collegati e devono essere affrontati nel loro complesso, si sono definite una serie di linee guida suddividendo le acque in interne ove vigono le leggi dello stato costiero; acque territoriali fino a 12 miglia nautiche, ivi oltre le leggi dello stato costiero è garantito il diritto di transito; arcipelaghi; zona contigua che arriva fino a 24 miglia nautiche ed in cui lo stato costiero può esercitare controlli atti ad evitare, prevenire, sanzionare, violazioni alle proprie leggi. Sono state poi definite due ulteriori zone, la ZEE o zona economica esclusiva, che arriva fino a 200 miglia nautiche ed in cui lo stato costiero ha diritto di sfruttamento esclusivo delle risorse, questa possibilità si è in realtà trasformata in perenne motivo di attrito tra i paesi. Se esiste una piattaforma continentale che si estende prolungando lo stato costiero, il diritto su di essa può estendersi fino alle 350 miglia nautiche, anche questa definizione presenta molteplici criticità in numerosi casi.
La Convenzione ha voluto normare in maniera chiara e definita la tecnica di misura, istituendo la cosiddetta linea di base, una linea spezzata che unisce diversi punti della costa, delimitando principalmente le zone di acqua bassa, ma in particolari casi di coste con molti punti frastagliati o isole, può arrivare a comprendere anche ampi tratti di mare.
Di particolare interesse è la Parte XII della Convenzione “Protection and preservation of the Marine Environment” che con i suoi 46 articoli va a normare con precisione le competenze in materia di salvaguardia e violazione della tutela dell’ambiente marittimo. Si definiscono i concetti di ‘Stato di bandiera’ con competenza su attività d’inchiesta ed attribuzione dei poteri sanzionatori. ‘Stato del Porto’ che ha l’autorità sulle navi presenti volontariamente che abbiano causato inquinamento. ‘Stato Costiero’ che ha competenza sulle navi che abbiano commesso infrazioni nella sua ZEE e sia assodato abbiano scaricato sostanze inquinanti transitandovi.
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