Il fascino del nuovo
Paragonare, come fa Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera, il Pd alla Democrazia Cristiana del secolo scorso, seppure affascinante per le argomentazioni addotte, è frutto di un’analisi errata e, diciamolo pure, malevola.
Ritenere che il Pd, alla fine, sarà costretto a “trasformarsi in un ceto burocratico-politico senza idee e senza progetti diviso in correnti ferocemente in lotta, la cui principale attività, al centro come in periferia, diviene di fatto la spartizione dei posti e delle risorse”, stravolge la storia stessa della Democrazia Cristiana che ha avuto nel nostro Paese ben altri ruoli e risultati.
La verità è che l’editorialista non si rende conto che la società italiana è radicalmente cambiata, gli interessi non sono più quelli di una volta, lo scenario politico e internazionale è assolutamente diverso. Se ne faccia dunque una ragione: immaginare una qualsiasi ipotesi di rivitalizzazione della Dc è assolutamente impossibile. Quel partito è ormai affidato alla storia del nostro Paese.
Oggi, invece, bisogna prendere atto che il bipolarismo posto in essere nella Seconda Repubblica in alternativa al sistema partitico della Prima è fallito in mondo ignominioso. Si tratta quindi ora di individuare forze politiche democratiche europeiste e non populiste che osteggiano l’Ue, per offrire punti di riferimento ai diversi blocchi sociali alternativi presenti nel nostro Paese. Il Pd deve dunque compiere, fino in fondo, la sua trasformazione in partito socialista europeo con tutto ciò che ne consegue in termini di rottura con un passato essenzialmente comunista. Sull’altro versante, allo stesso modo, il blocco sociale liberal-moderato-riformista deve costruire un unico riferimento partitico nel solco del popolarismo europeo. Solo così si avrà la possibilità di avere in campo due forze autorevoli e rappresentative al meglio della società italiana.
Nel secolo scorso il pericolo per le istituzioni democratiche era costituito dalla sinistra comunista per i suoi contenuti e per i legami internazionali anti-occidentali che la caratterizzavano. Oggi è la destra, quella che via via si sta sviluppando nei Paesi europei, quale reazione alla crisi economica che attanaglia milioni di cittadini, il vero ostacolo da abbattere.
E non importa se tra i socialisti e i popolari europei alberghino diversità, articolazioni correntizie. In un contesto di ripresa del ruolo europeo sullo scacchiere internazionale l’importante è che entrambi abbiano programmi concreti e immediati per la crescita, per il riequilibrio degli strati sociali oggi sempre più impoveriti. Programmi che rivalutino il primato della politica sull’economia; che sappiano riportare nei giusti termini il rapporto pubblico-privato, che rendano le imprese competitive nella globalizzazione di un mercato sempre più aggressivo e cinico, non curante degli effetti negativi sugli assetti sociali dei singoli Paesi. Potrà l’una o l’altra forza avere il consenso per governare da sola? Bene. Non sarà possibile? Si riproporrà l’esigenza di forme di governo frutto di coalizioni. Nessun problema questo, viste non solo le recenti nostre esperienze, ma anche quella di altri Paesi europei. La verità è che ci vorrà coraggio da parte delle reciproche classi dirigenti per imporre politiche nuove che stimolino nei cittadini culture inedite, aperte al dinamismo dei cambiamenti in atto in tutto il mondo occidentale, oggi minacciato da modelli economici e sociali rappresentati da nazioni emergenti quali la Cina, l’India, il Brasile, eccetera.
Continuare a scomporre senza ricomporre il nostro quadro politico significa abdicare in favore di quelle espressioni di destra certo non democratiche che da sole porrebbero fine agli stessi principi ispiratori della nostra società. Avanti quindi senza paragoni con il passato, che certo non va dimenticato, ma che è impensabile riproporre ora. E’ il nuovo che deve affascinarci nel riscoprire la buona politica, l’autorevolezza di una classe dirigente adeguata. Solo così ci salveremo.
©Futuro Europa®
[NdR – L’autore dell’articolo è eurodeputato del PPE e vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo]
2 Comments
Sono perfettamente d’accordo con l’on.Potito Salatto. Anche a me il fondo di Galli della Loggia era parso del tutto sbagliato, sia nelle premesse che nelle conclusioni. GdL é uno che della DC e della sua storia non ha capito nulla, e un “derviscio urlante” del bipolarismo selvaggio. Non scrive della realtá ma dei suoi propri fantasmi. Dice, tra l’altro, varie sciocchezze: la prima é che il ritorno al proporzionale sia inevitabile, la seconda é che il PD sia condannato a trasformarsi in una casta burocratica capace solo di gestire il potere. Sembra non si sia reso conto che anche nel PD é in atto una radicale revisione che puó – dico puó – portare a una sinistra finalmente moderna, e che, tra l’altro, punta con decisione a una legge elettorale alla francese. E sono d’accordissimo su tutto il resto: non usciremo dalle crisi, politica e culturale prima ancora che economica, se non si formeranno anche da noi, come in Germania, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, dovunque, due forze di diverso segno ma ambedue moderate, riformiste ed europee, capaci di alternarsi efficamente al governo o, se del caso, di collaborare tra di loro.
Purtroppo e’ da tempo che alcuni editorialisti si piccano di fare analisi politiche spesso distorte dalla loro collocazione politica e culturale. Guai se la nuova classe dirigente si facesse inopinatamente condizionare. Chi ha proprie idee le segua ignorando anche quei sondaggi che, purtroppo, sembrano essere fondamentali per operare scelte. Un po’ come gli antichi si fidavano dei presagi o degli oracoli per adeguare le proprie azioni. Niente di più sbagliato.