CV, chi è costui?

In questi ultimi giorni si è parlato molto di CV, di curriculum: uno o più fogli che costituiscono un documento redatto al fine di presentare la situazione personale, scolastica e lavorativa di una persona, oltre ai dati anagrafici. Conosco alcune persone, tra queste una signora che ha come scopo primario nella vita di collezionare cariche e onorificenze e che presenta nel suo curriculum in pompa magna. Poi a una lettura più attenta si nota che mancano onorificenze davvero significative, che ci sono stati incarichi tipo “Capo classe” e onorificenze tipo “Miglior vicino 1990/1991”. Insomma cosucce.

Eppure la moda del curriculum gonfiato o enfatizzato pare non abbia flessioni, anzi. E allora, una bella gita con amici magari a visitare una famosa università, diventa un corso presso di quella, il colloquio con un venditore di aspirapolvere diventa un corso di formazione sulla sostenibilità, la riffa di beneficenza della scuola di uno dei figli diventa un crowdfunding per un progetto universitario. Ecco come fanno molti. Eppure, io mi chiedo, quando mi è successo di presentare CV presso un ente pubblico dove era scritto Brevetto di salvamento chiedevano la copia del Brevetto; Corso di cucina austroungarica, chiedevano il tovagliolo sporco di sugo; Esperto di farfalle pretendevano di visitare la collezione.

Questo perché un ente serio, privato e pubblico, sa che bisogna a volte guardare attraverso queste pagine e pagine; giacché è dietro l’angolo la scoperta di Ministri dell’istruzione senza adeguata istruzione, di master mai masterizzati.

Insomma e insomma ancora, nel secolo dell’apparenza conta più un CV tarocco di una vera preparazione. Ma forse siamo ancora in tempo ad arginare il declino. Come? Forse esigendo CV comprovati, oppure educando le nuove generazioni alla trasparenza, quella vera. E magari pretendendo dopo aver letto “appassionata di tennis”, una foto abbracciati a Nadal.

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