Guerra del gas, maxi sanzione a Gazprom
La guerra mai dichiarata tra Russia ed Ucraina non si svolge solo sui fertili campi del Donbass, ma anche per vie meno chiare, ma non per questo meno importanti, come le forniture di gas. Il contenzioso tra i due stati confinanti sull’approvvigionamento e transito dei gas naturali di Mosca verso Kiev è lungo e costellato di problematiche. La costruzione di North Stream, il gasdotto che passa a nord rendendo indipendente il Cremlino dal dover passare in territorio ucraino è una realtà ogni giorno più vicina, e toglierà a Kiev una preziosa fonte di guadagno.
Da sette anni la Russia era in contenzioso con l’Unione Europea che l’accusava di pratiche commerciali scorrette in quanto Gazprom imponeva prezzi e clausole penalizzanti a sette paesi dell’ex-blocco sovietico, colpevoli, a dire di Mosca, di rivendere il prodotto a Naftogaz, il provider ucraino. Kiev riusciva in questo modo ad aggirare i problemi causati dalla mancata fornitura diretta da parte del Cremlino. La decisione russa di desistere da questi comportamenti ha portato ad un sofferto via libero della UE all’accordo tra Russia e Germania per la realizzazione di North Stream, il gasdotto nord che raddoppierà la capacità russa di esportare gas.
Che il colosso statale Gazprom sia diventata la longa manus di Putin in politica internazionale non è più un segreto, i movimenti a favore dell’ammiratore Orban, di attrazione verso la Serbia, ancora in bilico tra est ed ovest, punitivi nei confronti del governo filo-occidentale moldavo, sono tutti segnali di un uso strumentale della potenza messa in campo dall’azienda guida dal fedelissimo di Putin, Aleksej Miller.
Ma per Gazprom non sono tutte rose e fiori, lo scorso 28 febbraio il Tribunale Arbitrale di Stoccolma ha condannato Gazprom a pagare alla società ucraina Naftogaz la notevole somma di 2,56 miliardi di dollari per le forniture di gas non consegnate. Il computo è dato dalla differenza tra il prodotto non consegnato ed i mancati pagamenti da parte dell’Ucraina per quello già avuto. Gazprom ha subito proposto ricorso avverso la decisione arbitrale, ma intanto Naftogaz ha ottenuto il sequestro preventivo di beni del gigante russo in vari paesi dell’Unione.
Ma le perplessità riguardo la solidità di Gazprom sono all’attenzione degli analisti di settore e, malgrado questo lo abbia subito portato al licenziamento in tronco da parte del suo datore di lavoro, l’autorevole analista di Sberbank, Alex Fak, ha evidenziato numerosi punti deboli in Gazprom. Una capitalizzazione irrisoria rispetto al fatturato pone seri dubbi sulla solidità della prima azienda russa, riflettendo le spese fatte per puri motivi politici e senza adeguati ritorni economici. Sotto i riflettori la costruzione dei gasdotti con in testa quello siberiano diretto in Cina (costo: 55 miliardi di dollari), seguito dal Nord Stream (21 miliardi) e dal Turkstream (17 miliardi). I profitti sarebbero andati invece alle due maggiori società costruttrici, entrambe capeggiate da “oligarchi” vicini a Putin almeno quanto Miller: Gennadij Timcenko e Arkadij Rotenberg.
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