Uguaglianza oggi
Come può essere definita l’uguaglianza oggi? È la stessa Egalitè del 1789 a cui occorse una rivoluzione per essere sdoganata nonostante il pensiero Illuminista, ovvero quella di nascita cui fa riferimento Boccaccio nel Decamerone, ma che poi si distingue e differenzia per le virtù?
Anche se qualcuno può storcere la bocca, non possiamo prescindere dal concetto di Isonomia, l’eguaglianza di tutti davanti alla legge, applicato dagli antichi Greci fin dalla riforma di Clistene. Questo concetto è nell’art. 3 della Costituzione che, non dimentichiamo, continua prendendo atto che esistono differenze di sesso, razza, religione, oltre che di opinioni e condizioni personali o sociali. È poi dovere della Repubblica rimuovere gli ostacoli che “impediscono il pieno sviluppo della persona”. Ma anche qui, nella Costituzione di cui in troppi senza averla compresa si fanno baluardo, non si parla di uguaglianza.
Peraltro in un’epoca di egalitarsimo esasperato, in cui pur di raggiungere il risultato in molti vanno nella direzione di abbassare i livelli di altri, magari pur di non entrare in competizione, è probabilmente giunto il momento di rivedere i concetti e ripensare realmente all’Isonomia e ad un’eguaglianza che deve essere, in primis, nelle opportunità.
Our Party is the Party of equality of opportunity. Sono le parole con cui si fece conoscere Margareth Thatcher, uno dei leader più criticati e demonizzati del secolo scorso, ma anche uno dei meno capiti. In quello stesso discorso, il primo come leader dei Tory, la futura Lady di Ferro, parlando dei suoi predecessori poneva in evidenza le differenze di stile e qualità, ma dava atto che avevano avuto qualcosa in comune: quella di essere stati in grado di affrontare le sfide del proprio tempo. Ed è questa la caratteristica anche della Thatcher che insieme a Reagan ha saputo affrontare un decennio ancora sottovalutato.
Il discorso della Thatcher è stato letto da oppositori e critici come un manifesto in cui, senza strategie operative, esprimeva la sua vision in materia di economia, libero mercato e, non certo ultima, la meritocrazia. Ma la neo leader dei Conservatori, riuscì ad andare oltre il normale gioco delle parti di criticare al partito rivale, enunciando princìpi che toccano l’essenza della vita politica e sociale, ridefinendo l’eguaglianza in una prospettiva e un’ottica già globali, in anticipo sui tempi futuri.
Parlando di eguaglianza, in politica, iniziando proprio dall’Isonomia di Atene, il concetto di base è rimasto, ma ne è sempre stato fatto un uso e una strumentalizzazione distorti a favore di un partito o di un gruppo, o di alcune categorie di singoli, perdendo di vista l’idea di eguaglianza stessa, nonché l’idea di una collettività da salvaguardare.
Nel merito del suo discorso, che caratterizzò l’intera durata del suo mandato, dopo aver criticato le idee marxiste e le politiche dei Labour, Thatcher si sofferma su come il sistema britannico, sicuramente capitalista, ma fondato su dignità e libertà prevedesse incentivi ed opportunità. Queste parole, sicuramente, daranno non poco fastidio a chi pretende un egalitarismo totale, anche a costo del livellamento verso il basso. Ma la previsione di opportunità, quelle sì, uguali per tutti, sono la base di una società realmente democratica e sviluppata. Non dimentichiamo quali nazioni abbiano fallito perseguendo un’ideologia egalitarista di Stato imposta.
Conclusione? Eguaglianza non deve essere un concetto esasperato, magari portato ai livelli della congiura degli uguali di Babeuf che, prima di Marx, voleva l’abolizione della proprietà privata (ma Proudhon scrisse anche che la proprietà è libertà). Eguaglianza in un mondo globale è quella delle opportunità che devono essere concesse e garantite, evitando forme di privilegio basate su situazioni del momento, contingenti o emotive. Si correrebbe di cadere nel rischio, sottolineato da Thomas Sowell che in un continuum di trattamenti di privilegio essere poi trattati uguali, come tutti gli altri, sarebbe considerato discriminazione. Sarebbe un regresso sociale.
La virtù primieramente noi, che tutti nascemmo e nasciamo iguali, ne distinse. (Giovanni Boccaccio)
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