Nicaragua?
Ma, a noi checcefrega del Nicaragua? Abbiamo altro a cui pensare; stiamo a fare l’autopsia a tutti i discorsi e proclami del Governo, spendiamo parole sull’uso più o meno allegro dei congiuntivi, ci inalberiamo e rabbrividiamo di fronte a uscite come quella di voler censire i Rom, per qualche secondo siamo contriti di fronte ai poveri migranti. Insomma, non abbiamo tempo per altro.
In Nicaragua quasi 300 persone sono state uccise nel corso delle proteste contro il governo del presidente Daniel Ortega. Contro Ortega, al potere da anni, negli ultimi mesi si sono tenute numerose manifestazioni spesso represse nel sangue. Lo scorso maggio la Corte interamericana dei diritti umani aveva inviato alcuni delegati, arrivando alla conclusione che il governo avesse violato in più occasioni i diritti della popolazione durante le manifestazioni. Secondo la Corte, polizia e forze di sicurezza a contratto (abitudini dure a morire l’uso dei contractor) avrebbero affrontato in maniera eccessivamente violenta i manifestanti. Insomma manganellate a go-go.
La vicepresidente del caro Daniel è sua moglie Rosario; a volte i due sono stati comparati ai coniugi Ceausescu, ma pare che non gliene importi niente, la cosa assurda è che sono anche stati accumunati a Somoza, il dittatore che avevano spodestato. Insomma il detto “il più pulito ha la rogna“ vige per tutti; anzi, sembra quasi che in certe latitudini ci si abitui così tanto a comandare che poi si prenda l’abitudine a farlo senza troppe sottigliezze.
La scintilla che ha fatto partire le proteste è stata il decreto che alzava i contributi obbligatori della previdenza sociale per lavoratori e imprese, assieme ad un taglio del 5% delle pensioni; questo decreto doveva servire a sistemare le casse dell’Istituto nazionale di sicurezza sociale, dissestato da sprechi e investimenti immobiliari sbagliati. Ma la misura impopolare, non concertata con le parti sociali, ha fatto da detonatore. Anche se in seguito il decreto è stato ritirato, la miccia ormai era già accesa.
Gli Ortega credevano che il patto di ferro siglato con i gruppi di imprenditori più forti e con i vertici potenti della Chiesa potesse resistere a tutto. Pensavano tra una genuflessione e una preghiera di aver fatto fuori l’opposizione. E invece non era così. Ora però anche la Chiesa si rivolta alle sanguinarie repressioni, alla chiusura dei giornali, agli arresti di massa. Speriamo che Ortega venga deposto, speriamo che in Nicaragua si affacci la legalità e la democrazia. Speriamo.
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