Etiopia-Eritrea: dietro la pace, il business

Addis Abeba e Asmara hanno deciso di voltare definitivamente pagina dopo venti anni di guerra fratricida. Ma se questa pace rappresenta per l’Eritrea un’apertura sul mondo, da soprattutto all’Etiopia un importante accesso al mare.

Lo scorso 14 Luglio, è tra ali di persone travolte dalla gioia che è stato accolto ad Addisa Abeba Isais Afkwerki, Presidente del Paese del Corno d’Africa più chiuso al mondo. Pochi giorni prima, lui e il suo omologo etiope Abiy Ahmet avevano firmato ad Asmara una “dichiarazione di pace e di cooperazione”, mettendo così fine a venti anni di guerra più o meno latente. L’annuncio ha preso un po’ tutti di sorpresa e in molti si chiedono cosa possa nascondere questa avvicinamento tra Etiopia ed Eritrea. Ma uno sguardo più attento sugli interessi economici che stanno prendendo sempre più vita in questa parte dell’Africa rende questa decisione molto razionale.

Intrappolata  tra il Sudan, la Somalia, Gibuti e l’Eritrea, l’Etiopia vuole incrementare i suoi accessi al mare. Più di 90% delle attività di import-export del polmone economico di questa regione geostrategica aperta sul Medio Oriente e l’Asia del Sud-Est e verso la quale converge un importante traffico marittimo internazionale, passano da Gibuti. Questo accade da quando l’Etiopia ha perso il suo unico affaccio marittimo dopo l’indipendenza dell’Eritrea nel 1991. E’ da questa grande dipendenza che vuole affrancarsi Addis Abeba, che negli ultimi anni ha già aumentato il numero di accordi con i Paesi limitrofi. Con una crescita media annuale dell’8% nel 2016, secondo il FMI e i suoi 97 milioni di abitanti, l’Etiopia vuole diventare un attore indispensabile per la regione. Il porto di Doraaleh a Gibuti non riesce più a supportare il commercio estero. La mano tesa all’Eritrea permetterà di creare dei partenariati economici per far transitare la merce dal porto eritreo di Assab. Il porto di Assab è vitale per l’Etiopia. Forse un po’ meno per l’Eritrea che fa poca attività di import-export e il cui traffico passa soprattutto da Porto-Sudan, per loro più economico, spiegano gli esperti della regione Mohamed Hamza e Gerard Prunier.

Già nel Giugno del 2017 Addis Abeba aveva espresso la volontà di entrare a far parte di un impresa che coinvolgeva l’operatore portuale emiratino DP World nella la gestione del porto di Berbera nel Somaliland (Repubblica autoproclamata in Somalia). L’accordo è operativo da Marzo di quest’anno. L’Etiopia detiene il 19% delle infrastrutture portuali della autoproclamata Repubblica. Il rimanente delle strutture è diviso tra il Somaliland (30%) e DP world (51%) che già gestisce il porto di Doraaleh, la cui concessione è oggi oggetto di disputa tra la società emiratina e lo Stato di Gibuti che molto sta lavorando sulle sue infrastrutture per diventare una vera e propria hub di riferimento nel Corno d’Africa. Il porto di Barbera è situato nel Golfo di Aden, una strategica via navigabile che porta la Mar Rosso e nel Canale di Suez.

L’Ex Primo Ministro etiope, Hailemariam Desalegn, aveva anche espresso l’intenzione durante una visita ufficiale in Sudan, nell’Agosto del 2017 di far passare 50% delle importazioni del suo paese attraverso Porto-Sudan. Per il professore Gerard Prunier, questo progetto non è facile da attuare perché Porto-Sudan in realtà è poco utilizzato dall’Etiopia. Per quanto riguarda Assab, non viene utilizzata dagli eritrei dalla fine della guerra nel 2000. Gli etiopi, che ne hanno abbastanza di dipendere da Gibuti, cercheranno quindi di  concentrarsi sullo sviluppo di quest’ultimo per avere un accesso al Mar Rosso. Ma non possiamo aspettarci investimenti importanti nei prossimi mesi. E’ troppo presto. Ci sono già il porto di Berbera (Somaliland) e il porto  di Doraleh (Gibuti). Sicuramente gli Emirati, già saldamente impiantati in questa regione, piazzeranno un loro pedone sullo scacchiere, soprattutto attraverso l’operatore DP World.

Questo riavvicinamento tra l’Etiopia e l’Eritrea potrebbe far storcere la bocca a qualcuno. Gibuti, la cui posizione strategica è unica, ha per lungo tempo beneficiato dell’instabilità della regione – il Paese si trova all’intersezione tra il Mar Rosso, il Mediterraneo e il Sudest asiatico. Ma ora potrebbe temere per il calo dei suoi movimenti portuali per via dell’aumento della concorrenza. Tra l’altro Berbera è più vicina all’Etiopia che a Gibuti. Per gli esperti, da qui al 2021, il traffico decrementerà notevolmente  per Gibuti. Ovviamente hanno paura a condividere una così importante fetta di mercato anche perché, per via della sua situazione monopolistica il porto di Gibuti costa caro: aumentano costantemente le tariffe e trascurano le merci. Non dimentichiamo però che Gibuti, che ospita anche diverse basi militari, cerca di modernizzare le sue strutture, e ha aperto, da poco, altri due porti e una ferrovia tra Addis Abeba e Gibuti è stata inaugurata nel 2016. Il riavvicinamento tra Eritrea ed Etiopia e i probabili investimenti che seguiranno non potranno che stimolare economicamente la regione.

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