Libertà di stampa, parliamone
Era il 15 dicembre 1791 e i padri fondatori degli Stati Uniti, ancora con George Washington Presidente, si ritrovarono, per apportare correttivi alla Costituzione entrata in vigore solo due anni prima, nel 1789. Erano trascorsi otto dal Trattato di Parigi del 1783 che riconosceva non solo l’indipendenza delle tredici colonie, primo nucleo degli Stati Uniti d’America, ma apportava anche importanti correzioni sulla situazione geopolitica dell’epoca, predisponendo gli scenari per le vicende del XIX secolo ed anche, verosimilmente, spianare la strada alla rivoluzione francese sottraendo importanti risorse economiche alle casse del Regno di Luigi XVI.
I padri fondatori che avevano contribuito alla stesura della Costituzione non persero certo tempo e, sotto la guida della figura preminente di James Madison, in seguito quarto Presidente, approvarono i primi dieci emendamenti della ancora giovanissima Carta Costituzionale per sancire i diritti fondamentali degli individui e una maggiore protezione costituzionale delle libertà individuali. Furono quindi previsti limiti alla funzione giudiziaria con precise garanzie che tutt’ora permangono anche in ordine alla libertà personale e precisato che l’elenco dei diritti riconosciuti ai cittadini non deve considerarsi un numero chiuso ma, prima di tutto, al primo emendamento, e la scelta non è certo casuale, viene riconosciuta la libertà di religione, pensiero e parola, oltre a quel corollario che ne garantisce la massima tutela che è la libertà di stampa.
Erano stati necessari oltre mille e quattrocento anni per vendicare Priscilliano, il primo eretico giustiziato dalla Chiesa nel 385 perché si era permesso di portare avanti un’idea difforme da quella del pensiero imposto, per non voler partire addirittura da Socrate. In ogni caso, al di là delle affermazioni di principio, quello di poter “pensare” era di fatto un privilegio che, specialmente ai tempi di Atene, di Roma e fino al medioevo, era concesso solo a coloro che erano non solo in grado di leggere e scrivere, ma che disponessero anche delle non proprio scarse risorse finanziarie per accedere ai manoscritti o scambiarsi corrispondenza. Per poter partecipare alla Boulè di Atene o essere membro del Senato di Roma, i requisiti erano quelli del censo e, fino all’alto medioevo, per poter sviluppare un concetto di pensiero era necessario far parte di una élite cui non era certo semplice accedere senza poi dimenticare che Gutenberg introdusse la stampa a caratteri mobili nel 1455 e i primi testi stampati non erano certo divulgativi né contenevano pensieri o opinioni. Si dovette attendere fino al 1650 per vedere, a Lipsia, il primo periodico settimanale, quotidiano dal 1660, per poter leggere notizie di cronaca. Ed anche qui è difficile ipotizzare che fosse distribuito al di fuori di una cerchia molto ristretta.
Possiamo quindi definire i padri costituenti americani dei precursori o dei visionari nel sancire la libertà di stampa, addirittura come oggi la interpretiamo, quando inserirono questo diritto ad una particolare forma di manifestazione del pensiero quando l’alfabetizzazione non era ancora patrimonio di tutti ed esistevano forti sacche di resistenza ad iniziare dalla Chiesa cattolica che, addirittura oltre due secoli prima, aveva creato, e teneva sempre aggiornato, l’indice dei libri proibiti.
La mancanza di una forma di diffusione del pensiero che non fosse il manoscritto era un ostacolo non certo da poco per permettere ad una collettività di formarsi liberamente un’opinione, magari confrontando idee e posizioni diverse; in tal senso basti pensare che Lutero, per esporre le sue 95 tesi che dettero luogo alla Riforma Protestante, dopo che non ebbe avuto risposta dai vescovi cui le aveva inviate, ricorse all’affissione alla porta di un edificio non solo sicuramente frequentato, ma frequentato da chi era in grado di leggere e, sperabilmente comprendere.
Infine sorge spontanea una considerazione sul Primo Emendamento che, una volta di più, pone in evidenza la scelta coraggiosa di Madison e degli altri che lavorarono con lui. In una democrazia ancora giovane, che doveva ancora fortificarsi ed essere verosimilmente assimilata da molti, combattendo sicuramente con forze che remavano in direzione opposta, prevedere che chiunque fosse latore di istanze di pensiero anche non ortodosse potesse liberamente esprimerle, oltre a tutelarlo, la dice lunga sulle menti che, riprendendo i principi illuministici, sancirono questo fondamentale diritto. Un quadro ben diverso specialmente se paragonato alle applicazioni pratiche di altre Costituzioni come, ad esempio, quella sovietica del 1936 che, pur prevedendo la libertà di stampa, vide anche la condanna a morte solo l’anno successivo di Nikolaj Bucharin che aveva contribuito alla sua stesura.
Dall’epoca dei padri fondatori la stampa ha seguito il progresso e ne è stata parte integrante diffondendolo, ma è stata anche strumento di propaganda usata dai regimi dittatoriali. Orson Welles in Quarto Potere, pur facendo riferimento ad un personaggio specifico, rende bene l’immagine della potenza della stampa quando, come editore di un importante quotidiano, si definisce “un’autorità su come far pensare la gente.”
Gli strumenti di divulgazione sono cambiati e anche i legislatori si sono dovuti occupare di disciplinare una materia in cui la libertà di parola ha tra i suoi limiti la verità della notizia e il diritto di critica, ed anche di ironia, purché non si scada nell’offesa. In Italia la legge in materia è stata una delle prime approvate dalle appena nata Repubblica dopo l’entrata in vigore della Costituzione che, all’articolo 21, sul modello del primo emendamento, garantisce la libertà di pensiero e tutela la stampa, salvo prevedere sanzioni per gli abusi, così come già stabiliva l’articolo 28 dello Statuto Albertino.
Oggi la normativa è estesa alle pubblicazioni on line e, considerato che la rete è probabilmente il sistema di divulgazione del pensiero meno controllabile che possa esistere, è intuibile come venga richiesta una maggiore attenzione ad autori e editori. Ma nessuna norma è andata a toccare la libertà di stampa, che resta un fondamentale principio per ogni sistema democratico. Anche la nuova normativa Europea in materia di trattamento dati personali ne sottolinea, seppur non in maniera diretta l’importanza. Laddove infatti viene prevista la cancellazione dei dati personali di un individuo, viene espressamente fatta salva l’ipotesi in cui detti dati vengano conservati per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione.
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