ISTAT, economia Italia ancora in frenata
Malgrado nell’ultimo “Rapporto SDGS 2018” (Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia – Prime Analisi) l’Istat aveva registrato che il tasso di crescita annuo del PIL reale pro capite stava mostrando un miglioramento negli ultimi due anni (a fronte di un lieve calo della produttività del lavoro, misurata dal tasso di crescita annuo del PIL reale per occupato e all’indomani del calo registrato tra il 2009 e il 2013 il tasso di occupazione tornasse a crescere, pur restando, nel 2017, il tasso di disoccupazione rispetto ai livelli pre-crisi ancora quasi il doppio, con forti differenziali di genere, età e rispetto al territorio), l’Istat, nell’ultima Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, redatta dal “Servizio per l’analisi dei dati e la Ricerca economica, sociale ed ambientale”, constata che la tendenza degli ultimi tre mesi è conferma e si sta assistendo ad una decelerazione della crescita economica del nostro Paese, mentre contemporaneamente, fa notare il rafforzamento di quella statunitense e ugualmente il rallentamento dell’economia di tutta la “zona euro”.
Indubbiamente, rileva l’Istituto di Statistica, è anche il risultato del contributo negativo della “domanda estera netta”: “l’indice spia” sull’andamento economico “continua a registrare flessioni, segnalando il proseguimento dell’attuale fase di contenimento dei ritmi di crescita economica”.
“La crescita dell’area euro rallenta, ma continua il processo di riduzione della disoccupazione. In Italia prosegue la fase di debolezza dell’attività manifatturiera, accompagnata dal calo degli ordinativi e delle esportazioni, più diffuso nell’area al di fuori della zona euro. Il mercato del lavoro si rafforza, aumenta l’occupazione e simmetricamente si riduce la disoccupazione. L’inflazione torna ad aumentare, mantenendosi comunque su ritmi inferiori a quelli dell’area euro”.
L’Istat rileva che l’economia italiana sta registrando un rallentamento rispetto alla prima parte del 2017, crescendo ad un ritmo congiunturale dello 0,3%, mantenendo lo stesso risultato del trimestre precedente. “La lieve decelerazione emersa determina un ridimensionamento del tasso di crescita tendenziale che scende all’1,4%”.
Sono stati, prosegue la rilevazione dell’Istituto di Statistica, un aumento del valore aggiunto raggiunto dai settori dell’agricoltura, silvicoltura, pesca e dei servizi a fronte di un aumento del valore aggiunto dell’industria pressoché nullo a determinare l’incremento congiunturale del PIL, con un contributo positivo, dal lato della domanda, della componente di “richiesta nazionale” e un apporto negativo della domanda estera.
In particolare lo scorso aprile la produzione del settore costruzioni ha registrato un aumento congiunturale (+2,5%), restando, però, negativa la media nel trimestre febbraio/aprile rispetto ai tre mesi precedenti (-2,5%). Il prodotto interno lordo, nel primo trimestre, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente con una linea tendenziale di crescita dell’1,4% (rispetto al + 1,6% del quarto trimestre 2017). L’Istat prevede per l’attuale fase di espansione una durata di 15 trimestri. La variazione acquisita per il 2018 del + 0,8% frena la crescita di tutta la zona euro.
Il reddito delle famiglie consumatrici è cresciuto a un ritmo inferiore di quello dell’ultima parte del 2017, crescendo solo dello 0,2% assieme a un aumento dell’inflazione e un aumento dei consumi delle famiglie, nel primo trimestre, del 2018 dello 0,8% rispetto alla rilevazione trimestre precedente, dopo oltre un anno, stiamo assistendo a un “calo congiunturale del potere d’acquisto”.
La propensione al risparmio si sta riducendo, scendendo, in termini congiunturali di 0,5 punti percentuali, al 7,6% (che è lo stesso valore del secondo trimestre del 2017 e che rappresenta il minimo da fine 2012). Alla rilevazione condotta l’Istat, quindi, conclude osservando che “…gli indicatori anticipatori e coincidenti del ciclo economico mostrano segni di stazionarietà”. Lo scorso mese di luglio l’ “Economic Sentiment Indicator” (ESI) è rimasto sostanzialmente invariato rispetto ai tre mesi precedenti.
L’indicatore anticipatore “Euro-Coin” non ha mostrato variazioni rispetto al mese di giugno e a luglio il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro ha segnato una diminuzione ulteriore (-4,6% rispetto a giugno), proseguendo la tendenza in corso dallo scorso aprile al deprezzamento.
Per il momento il commercio mondiale prosegue la sua crescita, anche se non si può non ignorare il rischio, nei prossimi mesi, rappresentato dall’introduzione dei dazi all’importazione da parte degli Stati Uniti. Per quanto concerne il commercio mondiale a maggio si è registrato un aumento del +0,4%, stando ai dati del “Central Plan Bureau”, pur se si osserva un leggero decremento del commercio per i cosiddetti Paesi avanzati (-0,3%) e di un’accelerazione delle “Economie emergenti” (+1,4%) con un ruolo di particolare rilevanza ricoperto dalle importazioni asiatiche.
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