Veloce come il vento (Film, 2016)
Matteo Rovere (1982) è un ragazzo prodigio del cinema italiano, noto come produttore di Smetto quando voglio e di alcune serie Tv, alle prime armi come regista (Un gioco da ragazze, Gli sfiorati).
Veloce come il vento è un dramma sportivo che nasce da una sua idea – e da una storia vera – sceneggiata e diretta in prima persona, interpretata da uno Stefano Accorsi, in forma come da tempo non si vedeva, e da una giovanissima – quanto promettente – Matilda De Angelis (1995). Pubblico e critica accettano molto bene il prodotto – candidato a sedici David di Donatello (anche miglior film e miglior regia) ne vince sei – che va ben oltre la pellicola sportiva, tra le migliori mai realizzate in Italia, seconda soltanto a Ultimo minuto di Pupi Avati, interpretata dal grande Tognazzi.
La storia racconta le vicissitudini di Giulia De Martino, giovanissima pilota del campionato GT, che dopo la morte del padre si trova a dover gestire da sola sia la casa colonica che il fratello minore. Oltretutto deve assolutamente vincere il campionato se non vuole vedersi sottrarre la casa da un concorrente del padre che ha rilevato un’ipoteca contratta per potersi iscrivere alle gare. Complica tutto l’arrivo di Loris (Accorsi), il fratello maggiore tossicodipendente, ex pilota di buona fama, che si prende l’incarico di allenarla e di fare da tutore alla strana famiglia. Non anticipiamo altro a livello di trama, ma diciamo che il film è perfetto sotto ogni punto di vista. Regia da veterano, tra piani sequenza e primissimi piani, effetti speciali sportivi e scene d’azione non potrebbero essere più credibili, recitazione mai sopra le righe, intensa, a metà strada tra dramma e commedia agrodolce.
I film sullo sport non sono mai stati il nostro forte, ricordiamo pellicole di motorismo e di automobilismo girate negli anni Settanta davvero modeste, mentre il lavoro di Rovere punta in alto, realizzando un efficace dramma sportivo che miscela vita quotidiana, amore fraterno e filiale, problemi di tossicodipendenza e gare illegali. Fotografia emiliana tra cupi notturni e campagne luminose con uno spaccato ambientato tra i Sassi e il centro storico di Matera, per riprendere una corsa all’ultimo sangue che risolve la situazione. Montaggio serrato e sceneggiatura talmente ben scritta da non presentare punti morti, fino al colpo di scena finale.
Gli inseguimenti automobilistici sono il punto di forza del film: pare di essere finisti in una pellicola di Massi, Lenzi o Castellari, tanta e tale è la perizia tecnica con cui sono girate le parti di pura azione nei centri cittadini. Un film insolito e interessante, dove rivediamo finalmente un ispirato Stefano Accorsi, proprio come ai tempi de L’arbitro di Zucca. Potenza della storia narrata.
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Regia: Matteo Rovere. Soggetto e Sceneggiatura: Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere. Montaggio. Gianni Vezzosi. Fotografia: Michele D’Attanasio. Scenografia: Alessandro Vannucci, Mina Petrara. Costumi: Cristina Laparola. Trucco: Luca Mazzoccoli. Musiche: Andrea Farri. Produttore: Domenico Procacci, Rai Cinema. Distribuzione: 01. Genere: Sportivo, Drammatico. Durata: 119’. Interpreti: Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Paolo Graziosi, Lorenzo Gioielli, Roberta Mattei, Giulio Pugnaghi, Cristina Spina, Rinat Khismatoyuline, Tatiana Luter.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]