Riforma Giustizia in Polonia, scontro con la UE

Sono molto lontani i tempi di Solidarnosc, ora al governo della Polonia troviamo un governo ultra-conservatore che ha portato Varsavia ad entrare nel gruppo di Visegrad, caratterizzandosi per una politica contraria agli accoglimenti ed a molti ideali europei.

Ultimo terreno di scontro tra l’Unione e la Polonia, è la riforma della giustizia entrata in vigore lo scorso 3 luglio, che abbassa artatamente e retroattivamente l’età della pensione per i giudici della Corte Suprema da 70 a 65 anni, costringendo così 27 giudici su 74 a ritirarsi prima della scadenza del loro mandato, mirando a sostituirli con altri pari ruolo, ma vicini al partito di governo Diritto e Giustizia (PiS). Fra i giudici estromessi c’è anche la presidente della Corte, Małgorzata Gersdorf, che denuncia da tempo i tentativi del governo di controllare l’organo. Le due leggi approvate, quella sulla Corte Suprema e sul Consiglio della Magistratura, arrivano ad affidare la nomina dei nuovi membri al Presidente ed al Guardasigilli, ponendo di fatto la magistratura sotto il potere esecutivo. Questo sistema si scontra fortemente con l’acquis comunitario; l’insieme di norme e diritti fondanti senza il cui rispetto non si può stare nell’Unione Europea.

Il Presidente Andrzej Duda ha prima rifiutato di firmare due delle tre proposte di legge presentategli dall’esecutivo per la firma, ma in linea con il suo dichiarato appoggio al governo, ha giocato di sponda. Alla fine la riforma è entrata in vigore senza sostanziali cambiamenti, spetterà al ministro della Giustizia la nomina dei giudici della Corte suprema, ai parlamentari il compito di indicare i componenti del Consiglio nazionale della magistratura, che elabora le linee guida etiche e considera le candidature dei giudici ai diversi livelli. Inoltre spetterà al ministro della Giustizia, che è anche Procuratore generale, la nomina dei giudici dei tribunali regionali e di appello.

La Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti del paese guidato dal premier Mateusz Morawiecki, appellandosi all’art. 7 del Trattato di Lisbona, ove si prevede la progressiva applicazione di pene, fino all’esclusione dal diritto di voto. Purtroppo per arrivare all’estrema ratio è necessaria l’unanimità, e gli atri tre paesi del Visegrad difficilmente voteranno per la condanna della Polonia.

All’interno della politica polacca si stanno verificando molti scontri interni sommersi volti alla conquista del potere, i nazionalismi sono da sempre una forte arma in mano ai politici in cerca di consenso. Il Presidente Jean-Claude Juncker ha incaricato il suo vice, Frans Timmermans, di avviare trattative volte a sbloccare la situazione, ma certamente la UE non può accettare che un paese membro vari leggi contrarie all’acquis comunitario, pena la perdita di credibilità.

In merito alla procedura di infrazione avviata dalla UE verso  la riforma della Corte Suprema polacca, il premier Morawiecki si è presentato al Parlamento Europeo dichiarando: “Crediamo fortemente che l’unità nella diversità, come recita questo motto della nostra Unione europea, non sia uno slogan vuoto e privo di significato. Chiediamo quindi il dovuto rispetto nei confronti delle diverse identità nazionali. Ogni paese dell’Unione europea ha il diritto di sviluppare il proprio sistema giudiziario secondo le proprie tradizioni. Non dateci lezioni, sappiamo come gestire le nostre istituzioni“.

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