Diritti dei bambini, evoluzione o involuzione?
A ventotto anni esatti dalla entrata in vigore della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (2 settembre 1990) ratificata in Italia il 27 maggio 1991, quando ancora Presidente del Consiglio era ancora Giulio Andreotti, si torna a parlare di bambini e questa volta in maniera diversa, più tecnica forse ma ugualmente incisiva peraltro non proprio migliorativa. Questa era stata comunque preceduta dalla Dichiarazione di Ginevra del 1924, cui fece seguito la Dichiarazione dei diritti del fanciullo nel 1959.
La Convenzione è incentrata sulla presa di coscienza del fatto che i bambini hanno gli stessi diritti degli adulti. Diritto di poter amare ed essere amati; diritto di poter esprimere la propria opinione; diritto ad essere istruiti ed educati. Diritto di poter vivere la loro infanzia esattamente per come essi sono: bambini. Tanto la Dichiarazione quanto la Convenzione inoltre stabilivano che “entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo.”. Si trattava indubbiamente di un inciso di forte modernità, soprattutto per la Dichiarazione che ricordiamo essere del 1959, su un argomento che ancora oggi è fonte di continua evoluzione normativa purtroppo non sempre migliorativa.
Dato atto che permangono gli effetti di due atti sovrannazionali, è di questi giorni la notizia che è stato ripreso l’iter legislativo per la modifica del codice civile e del codice di procedura civile sul punto dell’affido dei minori in ipotesi di genitori separati. Due, in particolare, gli aspetti che hanno acceso un forte dibattito tra i giuristi: la mediazione civile obbligatoria e l’affido condiviso con tempi paritetici.
La prima, sullo schema di altre forme conciliative utilizzate (con effetti non positivi) in altre ipotesi di contenzioso civile, tende ad inserire coattivamente la figura del mediatore familiare nel processo di separazione giudiziale dei coniugi con figli minorenni, dichiarando addirittura improcedibile il procedimento laddove il ricorso introduttivo non sia stato preceduto dal tentativo di mediazione. L’intenzione dichiarata è quella di ridurre la conflittualità tra i separandi ma, evidentemente ignari di quanto accade nelle aule di tribunale, gli incaricati alla redazione del provvedimento non si rendono conto che una simile imposizione non farà altro che allungare inutilmente i tempi della separazione con ovvio e conseguente inasprimento dei rapporti tra i coniugi già notoriamente non certo pacifici.
L’altra innovazione che ha fatto e farà molto discutere è l’affido condiviso con tempi paritetici dei figli presso ciascun genitore. L’art 11 del disegno di legge prevede che “il figlio minore (…) ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvo i casi di impossibilità materiale.” Ciò dovrà avvenire facendo in maniera che “salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore (…)”. Dalla lettura del provvedimento, così come proposto, sembrerebbe essere prevista la soppressione dell’assegnazione della casa coniugale al genitore cosiddetto collocatario (ovverosia, il genitore presso cui il minore dimora abitualmente). Fatto salvo l’inciso secondo cui “il giudice può stabilire nell’interesse dei figli minori che questi mantengano la residenza nella casa familiare, indicando in caso di disaccordo quale dei due genitori potrà continuare a risiedervi” (art. 14 del disegno di legge), il bambino dovrà dimorare alternativamente presso il padre e la madre per almeno 12 giorni al mese, trascorsi i quali il piccolo dovrà prendere le sue cose e trasferirsi presso l’altro genitore.
Prescindendo dalla circostanza che una simile previsione nulla dice in materia di assegnazione della casa coniugale, uno degli argomenti che più creano conflitto tra i coniugi, ciò porterebbe ala modifica, ogni 12 giorni, di orari, abitudini, visi e luoghi familiari. Con le immaginabili conseguenze sui bambini. L’alternativa sarà – è intuibile per chi si occupa di queste situazioni ma evidentemente no per chi pretende di legiferare sul punto – ulteriore malessere per i piccoli, già segnati dalla conflittualità genitoriale. Non si esclude neanche il rischio che uno dei due genitori possa far ignobilmente ricorso ad un più o meno accomodante professionista che certifichi il disagio psicofisico del minore sballottato da una casa all’altra.
È innegabile che disquisire su questi argomenti mentre in ambienti più altrove si parla seriamente dei diritti dell’Infanzia faccia parecchio riflettere. Sembra davvero che andiamo incontro alla soppressione dei diritti dei bambini a fronte di leggi puramente ideologiche, se non demagogiche, che poco o niente li tutelano ma che, sulla carta e solo sulla carta, dichiarano di voler proteggere.
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Si ci sono diverse criticità. Tuttavia attualmente la maggiore criticità sta nei SOLI FINE SETTIMANA ALTERNATI. Situazione attualmente di gran lunga predominante. Che non si vede come possa garantire l’obbligo costituzionale di “allevare ed EDUCARE la prole”.
L’ Italia ha già avuto per questa situazione attuale richiami in sede europea.