Il senso di un Partito politico

I Partiti presenti oggi in Parlamento non erano parte dell’Assemblea Costituente. DC e PSI si sono dissolti nel 1994. Il Partito Repubblicano è (il forse è d’obbligo) l’unico nato nel 1800 ancora in vita e sopravvive con un peso politico irrilevante così come il Partito Liberale. Resistono il Partito Radicale, pur con i suoi distinguo interni, e il Südtiroler Volkspartei che tutela interessi di una minoranza locale. Storia a parte, il PCI di cui non si riesce a capire se la sua ennesima forma abbia senso.

Il nostro sistema, unito alla mentalità particolaristica e campanilistica italiana, non permette un sistema bipartitico come nel Regno Unito o negli Stati Uniti, dove partiti minori sono presenze irrilevanti. È un caso eccezionale quanto avvenuto nel Regno Unito dove, per il suo esecutivo Tory, Theresa May è ricorsa al supporto del Partito Unionista Democratico. Negli Stati Uniti unico caso in cui un partito diverso abbia influito è stato nel 1992 quando Ross Perot, con il suo Partito della Riforma tolse a George W. Bush la possibilità di essere rieletto a favore di Bill Clinton.

Anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, i partiti principali non sono sempre stati gli stessi. Sono scomparsi oltremanica i Liberali, soppiantati dai laburisti, che avevano espresso personalità quali Gladstone e Lloyd George. In America non abbiamo più tracce del Partito Federalista di John Adams, e degli Whig di Zachary Tailor, ma il sistema ha permesso che i due partiti principali mutassero le loro politiche e i leader che si sono succeduti si sono adeguati ai contesti da affrontare. La proliferazione dei partiti è un fenomeno che non appartiene al mondo anglosassone dove formazioni nate in tempi più o meno recenti, non hanno avuto fortuna elettorale pur presentandosi portatori di pesanti istanze come, ad esempio, le Black Panthers.

Anche in altre realtà troviamo partiti che accentrano la maggioranza ricorrendo ad alleanze per governare come accade in Germania. Diverso il caso della Francia dove, dopo l’epoca di De Gaulle, sono nati partiti che hanno sostituito quelli passati fino alla nascita di En Marche dell’attuale presidente Macron, che rappresenta un’eccezione sullo scenario politico mondiale, muovendosi su basi pragmatiche e transpartitiche. Forse la prova più evidente di come in politica sia importante non essere ancorati a ideologie, dogmi, difese estremistiche di particolarismi. Non a caso il partito di Macron è stato definito sincretico, portatore di interessi e istanze trasversali, non sempre omogenee o collimanti, dove si mettono da parte gli interessi personali per difendersi da pericoli esterni.

Nel Parlamento italiano sono presenti sei formazioni e quella con l’origine più remota è la Lega, nata nel 1989 su spinta di particolarismi locali e in una prospettiva indipendentista che nulla ha a che vedere con altre realtà cui voleva trarre ispirazione, come la Scozia e i Paesi Baschi. Nessuno di loro nasce su basi ideologiche che possano muoversi insieme alle istanze sociali ed economiche che richiedono soggetti in grado di affrontarle senza arroccarsi su posizioni estremistiche o anacronistiche. Sembra che il loro destino sia già scritto se non cambieranno profondamente.

I nostri politici, come nella Prima Repubblica, si muovono nella direzione di adeguare le loro visioni ai nuovi contesti, applicando le loro idee con protagonisti che si riciclano. Del resto abbiamo un sindaco di ottant’anni già Presidente del Consiglio, e uno di oltre settanta che, dopo avere guidato più dicasteri, ha fondato almeno cinque partiti e militato in più coalizioni pur di sopravvivere politicamente mentre altri partiti cercano di rinnovarsi con i protagonisti dei loro fallimenti.

Manca in Italia un Tony Blair che ha modificato le politiche del suo partito nella direzione opposta alle idee che ne erano la base quando Margareth Thatcher dimostrò che erano necessarie nuove politiche per governare. Negli Stati Uniti Clinton si è mosso nella stessa direzione pur senza raggiungere i livelli di Blair, e oggi i Democratici americani e i Laburisti britannici non sono lo stesso partito di venti anni prima.

È normale fisiologia. Al termine di un percorso, se non si è in grado di cambiare e evolversi, un partito e i suoi leader devono cessare la propria attività; la loro persistenza può solo causare danni al partito stesso e al paese. Esattamente quello che avviene in Italia dove, oltre ai politici che sopravvivono decenni, anche i partiti resistono, oltre ogni logica, in contesti in cui non hanno più alcuna ragione di esistere.

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