GEIDCO, la rete globale cinese di energia green
Cinquantamila miliardi di dollari è l’ammontare stimato dalla Cina per il nuovo piano basato sulle energie rinnovabili. Nata a Pechino nel 2016 da una intuizione della State Grid, è stata creata un’organizzazione chiamata GEIDCO (Global Energy Interconnection Development and Cooperation Organization) e il suo vice-presidente è il premio Nobel per la fisica Steven Chu, già ministro dell’Energia nella prima amministrazione Obama. A oggi vi hanno aderito 265 imprese di 22 Paesi (tra cui Abb, Siemens, Terna, Politecnico di Torino). È stato elaborato un piano che prevede una serie di steps successivi, la SGCC (State Grid Corporation of China) intende sfruttare le nuove reti di trasporto elettrico per realizzare, entro il 2050, la produzione di energia al 90% proveniente da fonti rinnovabili; passando per un livello intermedio del 50% da rinnovabili nel 2030. Nel frattempo i primi investimenti per diverse centinaia di milioni di dollari per progetto sono iniziati, in Cina, ma anche in India, Stati Uniti e Sudamerica.
La Cina già nel 2015 ha investito 103 miliardi di $ nella green economy, più degli Stati Uniti e dell’Europa messi insieme, un dato in netta crescita, al contrario di quanto accade nelle atre due aree del mondo. Già leader nella produzione di pannelli fotovoltaici, Pechino si pone anche in netto contrasto con la politica climatica portata avanti dall’amministrazione Trump. L’importanza delle rinnovabili è testimoniata anche dai numeri delle nuove installazioni. La crescita del fotovoltaico sarà più importante di qualsiasi altra fonte rinnovabile di qui al 2022, prevede l’Aie, arrivando a produrre 740 gigawatt. Nel 2016 le energie rinnovabili hanno rappresentato i due terzi delle nuove capacità elettriche installate nel mondo con 165 gigawatt (Gw). L’equivalente della potenza di cento reattori nucleari. Il solare ha rappresentato più della metà di queste nuove capacità con 74 Gw contro i 52 Gw dell’eolico e i 57 Gw del carbone.
La de-carbonizzazione del pianeta, ricordiamo come la Cina sia attualmente responsabile del 40% dell’inquinamento globale, avverrà con l’implementazione di super-reti veloci ed intelligenti di corrente continua (Ultra-High-Voltage Direct Current). Le reti globali permetteranno una distribuzione capillare a livello mondiale, l’energia pulita prodotta dai parchi solari del Sahara piuttosto che da quelli eolici ai poli arriverà a destinazione in ogni angolo del mondo. L’energia eccedente il fabbisogno di un paese potrà essere facilmente spostata con risparmi economici notevoli, secondo le stime, trasferire in Germania l’elettricità prodotta col vento cinese costerà 0,12 $/kWh, la metà dei costi attuali per l’energia pulita.
I cinesi di Sinopec hanno creato una joint con gli islandesi di Arctic Green Energy, da un lato i nordici metteranno a disposizione la loro eccellente tecnologia nella produzione di energia geotermica con estrazioni anche a grande profondità, dall’altro i cinesi hanno enormi disponibilità di cash da investire. I due gruppi hanno già speso 55 milioni di euro a Xiong, circa 110 chilometri da Pechino, per utilizzare la tecnologia islandese e trivellare il sottosuolo senza estrarre una goccia di combustibili fossili.
Le reti energetiche sono perfettamente complementari a quelle logistiche del progetto “One Belt, one Road”, un disegno che mostra ancora di più come la Cina, in maniera molto più sottile, “soft power policy”, rispetto il movimentismo urlato di Trump, si voglia porre al centro dello scenario politico mondiale. Rete intelligenti di energia vuol dire tutto quello che si muove nel campo di tecnologie avanzate, auto elettriche, ricaduta sulle tante municipalizzate. Non casualmente SGCC ha acquisito il 35% di Cdp Reti che controlla a sua volta il 30% di Terna, che a sua volta ha in cantiere il progetto della rete Sahara tra Tunisia ed Italia, 600 milioni di euro per 250 km. di rete.
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