UE e Italia, occorre prudenza nel linguaggio
Quando ero un giovane diplomatico, alla Farnesina e già prima a Palazzo Chigi, i vecchi del mestiere (quasi tutti di formazione sabauda o borbonica) ci raccomandavano la prudenza di linguaggio come prima regola nel nostro lavoro. Noi giovani ci scherzavamo sopra, ci veniva spontaneo ridicolizzare un po’ quei personaggi paludati che consideravamo d’altri tempi. Ma lungo tutta la mia carriera quarantennale mi sono reso conto che avevano ragione. Per l’esercizio di una sana diplomazia, per la corretta conduzione delle relazioni internazionali, discrezione e prudenza di linguaggio sono strumenti necessari e fondamentali. In privato si può – e in certi casi si deve – litigare, anche duramente, ma in pubblico si devono salvare le forme. Non è ipocrisia, ma elementare regola di saper vivere internazionale. Gli insulti, il linguaggio colorito, le risse, non possono che peggiorare situazioni già complicate. Alla base di tutto ci deve essere un certo rispetto reciproco, buona educazione tra istituzioni e persone che le rappresentano.
Dico questo per deplorare le ripetute critiche di alcuni Commissari europei, in particolare di Pierre Moscovici, all’Italia. Giuste o no, esse vanno mosse nelle sedi e nei modi appropriati, nella discrezione dei colloqui riservati e, solo alla fine, se del caso, attraverso atti formali. Farle pubbliche e riservare espressioni poco rispettose a un Paese membro non serve che a inasprire i rapporti e indurire le posizioni, ed è anche un suicidio politico. Se a Bruxelles vogliono che l’Unione perda smalto e attrazioni più di quanto l’abbia già fatto, facciano pure! Prima o poi ne pagheranno le conseguenze.
Ma lo stesso vale per le reazioni di alcuni nostri Ministri. Come ho scritto per le critiche dell’ONU, agli organismi internazionali si risponde nel merito, anche duramente, ma senza volgarità del genere “si sciacquino la bocca prima di parlare”.
E mai, mai, alle posizioni giuste o sbagliate di un interlocutore, si risponde con l’insulto. Abbiamo tutti unanimemente deplorato i commenti francesi a certe decisioni del nostro Governo, ora il nostro Ministro dell’Interno è riuscito a offendere il pacifico, amico e piccolo Lussemburgo, accusandolo di “volere degli schiavi”. Vorrei invitare il Ministro a fare un giro per il Granducato per vedere quanto civilmente sono trattati i cosiddetti schiavi.
Io spero, senza crederci veramente, che qualcuno, il silenzioso e assente Presidente del Consiglio, o il Capo dello Stato, e per parte sua il Presidente della Commissione o del Consiglio UE, intervengano nel modo appropriato per far abbassare da una e dall’altra parte i toni e tornare a far politica estera meno chiassosa. Altrimenti, resteremo in mano alla facile demagogia di chi parla e straparla più che altro per raccogliere l’applauso dei propri fan, e si farà altro danno al Paese e alla sua immagine nel mondo.
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