Il caso Tria
Pochi conoscevano il professor Tria, al di fuori di una ristretta cerchia di esperti, prima che fosse scelto come Ministro dell’Economia del governo giallo-verde. Molti però tirarono un sospiro di sollievo quando egli andò ad occupare il posto che avrebbe dovuto spettare al disastroso Savona, bloccato opportunamente dal Capo dello Stato.
Ora Tria sta dimostrando in modo eloquente la sua serietà e il suo valore. Come? Molto semplicemente comportandosi da Ministro dell’Economia, cioè difendendo l’equilibrio del bilancio, la stabilità delle nostre finanze e quindi i risparmi e gli interessi di tutti i cittadini. Anche quelli che si sono allegramente affidati ai pifferai della Lega e dei 5 Stelle. Vorremmo essere chiari: circolano falsità ed errori voluti, come quello, persistente, pervicace, secondo cui rispettare i limiti di Maastricht corrisponde a un’imposizione, quasi a un capriccio, di Bruxelles e della Merkel. Ripetiamolo fino alla sazietà: non indebitarci al di sopra del dovuto, per noi che abbiamo un debito altissimo, è un imperativo evidente ed assoluto.
Facciamo un rapido calcolo: quello che questi sconsiderati pensano di “guadagnare”, prendendo soldi in prestito per realizzare i loro programmi avventurosi, lo Stato lo perde con l’aumento dello spread, che non è una stranezza astratta di qualche agenzia di rating, ma si traduce immediatamente in aumento del tasso d’interesse sul debito, che tutti noi paghiamo. In altre parole, si annulla, diventa zero e anche meno. È veramente incredibile che in un Paese avanzato e istruito, tanta gente non lo capisca e preferisca affidarsi alle ricette demagogiche di qualche imbonitore. Quando Salvini dice, con la consueta eleganza, che “se ne frega di Bruxelles”, la gente dovrebbe tremare, non applaudire. Perché quello che dice in effetti il nostro straripante superministro è che se ne frega del buon senso e della corretta amministrazione delle risorse pubbliche. Pubbliche, non sue.
Non si sa quanto durerà il professor Tria. Spero che non molli facilmente e non ceda alla facile tentazione di salvarsi la poltrona o di mandare tutto all’aria, lasciando un lavoro che è tra i più ingrati della vita pubblica.
E spero che chi ragiona e ha veramente a cuore gli interessi di tutti, a cominciare da Mattarella ma anche dalla finanza nazionale, lo sostengano. E la grande stampa, i ponderosi editoralisti delle testate ammiraglie, abbiano il coraggio di prendere penna e inchiostro e difendere, chiaramente, duramente, la sua linea. Almeno finché la censura non sarà di nuovo introdotta in questo strano Paese.
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