Responsabilità medica e doveri degli avvocati
Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma, n. 5736 pubblicata il 17 settembre 2018, ha posto le premesse per quello che potrebbe diventare un importante e sacrosanto principio a fronte delle richieste infondate di risarcimento danni per responsabilità medica. La Corte capitolina, nel rigettare una domanda, già respinta in primo grado, ha condannato la parte che si riteneva vittima di un caso di malasanità non solo a rifondere le spese legali al medico ed alla struttura sanitaria convenute in giudizio, ma ha anche condannato il richiedente al pagamento di una maggiore somma in considerazione della totale infondatezza dell’appello. Oltre a non avere ottenuto il risarcimento del danno, la sentenza ha quasi il sapore di beffa.
La Corte, con argomentazioni tecniche e giuridiche difficilmente confutabili, ha accertato come, nel caso in esame, il sanitario e la struttura incolpati, avessero non solo svolto compiutamente e in maniera professionale la loro attività ma anche che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte richiedente, fossero state alla stessa fornite tutte le adeguate informazioni ai fini della prestazione del consenso informato per l’intervento successivamente ritenuto mal riuscito e causa di danni.
Prescindendo dal merito della singola vicenda, la sentenza si pone come importante precedente per futuri casi analoghi di richieste infondate e, spesso, strumentali. Non passa inosservato come sia in costante aumento, e sempre più selvaggiamente pubblicizzata, l’offerta da parte di associazioni di consumatori, CAF, studi legali o generici periti, per intentare causa nei confronti di medici, ospedali o cliniche ritenuti responsabili dei più vari errori nel loro operato o, più genericamente, malasanità. Basta un rapido giro in internet per trovare tutte le istruzioni su come agire a fronte di malasanità, colpa medica e così via, con disponibilità a titolo gratuito di team completi formati da legali, medici, periti e quant’altro necessario. Tutto ciò viene poi esponenzialmente ampliato in occasione di tragedie come, ad esempio, lo scontro tra due treni a Milano e il crollo del ponte Morandi a Genova. In quei tragici momenti si potevano trovare sui social offerte di assistenza legale gratuita per il risarcimento danni. Nell’ipotesi dei medici l’offerta è quotidiana e in crescita.
Questo fenomeno ha portato conseguenze che sono non sono state appieno considerate nella loro portata se non dagli addetti ai lavori. In primo luogo, a fronte del sempre più concreto rischio di ricevere una richiesta danni, o direttamente un atto di citazione, molti medici utilizzano sempre più la cosiddetta medicina difensiva, vale a dire analisi e accertamenti non sempre indispensabili ma comunque utili per porsi al riparo da rischi legali connessi alla fase successiva del loro operato. Ovvio che ciò si traduce in maggiori costi per la sanità pubblica e che vengono posti a carico della collettività. Allo stesso modo le assicurazioni hanno non solo aumentato i loro premi per le professioni sanitarie ma, addirittura, alcune di queste incontrano serie difficoltà per ricevere una compiuta copertura al punto che particolari categorie di medici, ad esempio i chirurghi estetici, si trovano a dover affrontare costi decisamente sproporzionati e per i più giovani assolutamente insostenibili. Ulteriore conseguenza un intasamento dei tribunali con cause spesso infondate che vengono intentate nella speranza di poter giungere ad un accordo con il medico o, sperabilmente, con la sua assicurazione, per ottenere un risarcimento danni a molti zeri.
Premesso in ogni caso che laddove errore e conseguente danno vi siano è giusto chiederne il risarcimento, la possibilità di fare causa in maniera indiscriminata sembra abbia trovato un giusto freno e la pronunzia della Corte di Appello di Roma, oltre che dai medici, può essere accolta con favore anche da quella categoria di avvocati che, prima di iniziare un giudizio, valutano attentamente le possibilità di esito favorevole e non si gettano allo sbaraglio in liti infondate nella speranza di una definizione stragiudiziale. In questo caso, ricordiamolo, la presunta parte offesa si è vista non solo porre a carico le spese legali di controparte ed è stata condannata al pagamento di una maggior somma per aver proposto un appello destituito di ogni fondamento, ma ha corso anche il concreto rischio di una ulteriore condanna al pagamento di un maggiore importo per lite temeraria. Una buona notizia per i medici.
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