Dublino III, tra riforma e numeri odierni
L’immigrazione continua ad essere il tema del momento, malgrado la realtà indichi un arrestarsi dei flussi già da diverso tempo, ben prima delle ultime elezioni. Secondo i risultati di un sondaggio Eurobarometro pubblicato a maggio 2018 il 72% dei cittadini vuole che l’UE intervenga di più in materia di immigrazione. In Italia sono previste diverse tipologie di immigranti, i richiedenti asilo che presentano domanda per l’ottenimento dello status di rifugiato politico. Il rifugiato è colui che rientra nei requisiti stabiliti dalla convenzione di Ginevra del 1951. Abbiamo poi il beneficiario di protezione sussidiaria, colui che non rientra nella definizione di rifugiato, ma necessita di protezione internazionale perché in caso di rimpatrio sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenza generalizzata o per situazioni di violazioni massicce dei diritti umani. E’ prevista poi la protezione umanitaria per chi non rientra nelle categorie sopra elencate di rifugiato e beneficiario di protezione sussidiaria, ma viene reputato come avente diritto in base a considerazioni di carattere umanitario.
In tema di regolamentazione si parla sempre e solo del Regolamento di Dublino, al momento arrivato alla versione III. In realtà questo accordo su base volontaria tra gli aderenti, rientra nel Sistema europeo comune d’asilo (CEAS), il programma globale della UE per l’accoglienza. In base al Dublino III i cittadini extracomunitari, che fuggono da Paesi di origine perché in guerra o perseguitati per motivi di natura politica o religiosa, devono presentare domanda d’asilo nel primo Paese membro dell’Ue in cui arrivano e sono stati identificati tramite il sistema EURODAC, la banca dati a livello europeo delle impronte digitali dei richiedenti asilo usata dalla polizia per controllare se sono state presentate più domande.
L’accordo di Dublino è nato negli anni ’90, quando le migrazioni a seguito di conflitti erano molto limitate e si parlava di piccoli numeri, le successive revisioni hanno adeguato man mano la normativa, ma senza mai stravolgerla. Nel 2015 l’arrivo di oltre un milione di richiedenti asilo e migranti ha fatto deflagrare il sistema europeo di asilo. Al momento i cittadini dei paesi terzi che arrivano in Europa devono presentare domanda di protezione nel primo paese dell’Unione europea che toccano. Ricevono poi lo status di rifugiati o una diversa forma di protezione internazionale solo dopo l’approvazione da parte delle autorità nazionali. La difficoltà di identificazione e la complessità delle procedure richiede tempistiche che vanno da 6 mesi fino a 2 anni.
I numeri dicono che nel 2017 ci sono state 728.470 richieste di protezione internazionale con una diminuzione del 44% rispetto al 2016, quando ci furono 1,3 milioni di richieste. Sempre nel 2017 i paesi europei hanno offerto protezione a più di 538.000 persone, una diminuzione del 25% rispetto all’anno precedente. Un rifugiato su tre proviene dalla Siria. Afghanistan e Iraq sono gli altri due paesi da cui proviene il maggior numero di rifugiati. Per quanto riguarda la situazione nel Mediterraneo, nel 2015 e nel 2016 sono stati rilevati oltre 2,3 milioni attraversamenti illegali delle frontiere secondo i dati dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera che raccoglie i dati sugli attraversamenti illegali delle frontiere esterne dell’UE registrate dalle autorità nazionali. Nel 2017 il numero totale degli attraversamenti illegali è sceso a 204.700, il livello più basso degli ultimi quattro anni. Poiché vengono rilevato gli attraversamenti ed i migranti possono varcare i confini più di una volta, il numero fisico è inferiore a quello degli attraversamenti.
Gli Stati membri si sono trovati in una situazione di grande pressione. Alcuni migranti vengono fermati e respinti al confine. Nel 2017, sono state respinte 439.505 persone alle frontiere esterne dell’UE. Secondo i dati aggiornati (26 giugno 2018) più di 43.000 persone hanno rischiato la vita cercando di raggiungere l’Europa via mare nel 2018. Più di mille persone hanno perso la vita in mare. Nel 2017 sono state 172.300 le persone che hanno cercato di raggiungere l’Europa via mare, meno della metà rispetto al 2016. Molti coloro che sono morti durante le traversate: 3.139 i morti o dispersi nel 2017, 5.096 nel 2016.
In testa alla classifica dei Paesi che hanno accolto più immigrati in proporzione alla popolazione figura la Svezia, con oltre 230.000 migranti: mediamente 23,4 rifugiati ogni 1000 abitanti. Malta, per quanto sempre al centro di polemiche ed accuse ha dato asilo a circa ottomila persone: quasi 18,3 migranti ogni 1000 abitanti. La Norvegia occupa la terza posizione, avendo dato accoglienza a quasi 60.000 rifugiati con una media di 11,4 migranti ogni 1000 abitanti. La Germania si piazza al quarto posto con 669.482 rifugiati; la Francia con più di 300.000 profughi. La Grecia e la Gran Bretagna occupano le ultime posizioni nella classifica dell’accoglienza. L’Italia, alla fine del 2016, aveva concesso asilo a 147.370 rifugiati, con una media di 2,4 migranti ogni 1000 italiani.
Il tema è diventato il fulcro della campagna mediatica di Salvini per guadagnarsi visibilità e consenso, la totale ignoranza del problema da parte delle masse ha fatto buon gioco alle sceneggiate leghiste. Mentre una nave veniva fermata in un porto siciliano, in Puglia ad esempio, lontano dalle telecamere, tutto proseguiva senza problemi. Anche i numeri danno torto ai proclami salviniani relativi ad una invasione che è cessata da tempo. Nel 2015 sono state rilevate 2,2 milioni di persone illegalmente presenti nell’UE. Nel 2017 il loro numero è sceso a 600.000. Essere “illegalmente presenti” in suolo europeo può significare che una persona non sia riuscita a registrarsi correttamente o abbia lasciato lo Stato membro responsabile dell’elaborazione della domanda di asilo. Questo non giustifica di per sé l’espulsione dall’Unione Europea.
Il fatto più singolare è come Lega e M5S si siano messi di traverso con voti contrari, astensioni, alleanze con il gruppo di Visegrad, rispetto quanto partorito dopo due anni di trattative, dal Parlamento Europeo. In base a quanto scaturito dall’ultima versione non vi sarebbe più un obbligo in capo al paese di prima accoglienza, ma un’automatica re-distribuzione (recasting) dei migranti tra tutti i paesi UE in proporzione alla popolazione. Entrare nel dettaglio di questa proposta e delle altre venute alla luce da parte della Commissione, richiederebbe numerose pagine. Resta il fatto che avere rigettato da parte italiana qualunque forma di accordo come è stato fatto finora, non risolve il problema dei migranti, ma facendo diminuire quanti presentano domanda, automaticamente alimenta la clandestinità. Altrettanto certamente il motto “aiutiamoli a casa loro” non serve al di là dell’essere un’affermazione di principio fine a sé stessa, si parla di politiche che da quando vengono messe in cantiere richiedono tempistiche medie e lunghe, ben lontane dal risolvere il problema dall’oggi al domani come intenderebbe l’attuale Ministro degli Interni.
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