Cronache dai Palazzi

Un scudo fiscale per la pace fiscale non condiviso dai Cinque Stelle. “Il decreto legge così scritto noi non lo voteremo mai”, ha urlato Di Maio, di fronte allo scudo penale (“Non punibilità”) previsto per i reati di riciclaggio e auto riciclaggio. Tra i provvedimenti che fanno parte della manovra di bilancio 2019, l’esecutivo ha predisposto un decreto fiscale con norme riguardanti il condono e lo scudo fiscale. Secondo i Cinque Stelle nel testo sarebbero state inserite delle modifiche non concordate, denunciate da Di Maio in tv, ma il Colle ha puntualizzato di non aver mai ricevuto il testo del decreto.

“Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati – hanno replicato i leghisti –, stiamo lavorando giorno e notte su riduzione delle tasse, Fornero, chiusura delle liti tra cittadini e Equitalia”, così l’articolo sullo scudo fiscale sembra non appartenere a nessuno. In sostanza sarebbe pari al 20 per cento l’aliquota (su una somma massima di 100 mila euro) che il contribuente che aderisce al condono dovrà versare con una dichiarazione integrativa, per mettere pace al contenzioso. “L’integrazione degli imponibili è ammessa nel limite di 100.000 euro per singola imposta e per periodo di imposta e comunque non oltre il 30% di quanto già dichiarato”, questo è quanto scritto nel testo del decreto legge su “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria e per esigenze indifferibili”, ma i pentastellati sembrano aver disconosciuto la sanatoria estesa ai contributi previdenziali, alle imposte sostitutive e anche all’Iva, con un tetto di 100 mila euro non onnicomprensivo, ma per singolo tributo e per ogni periodo di imposta, e che dunque si alzerebbe in maniera esponenziale. Il suddetto decreto legge sembra non prevedere la punibilità penale di un eventuale riciclaggio o auto riciclaggio a seguito di una dichiarazione infedele, se non addirittura ingannevole, che potrebbe far parte della sanatoria. L’Agenzia può effettuare i propri accertamenti nell’arco di tre anni, quindi un tempo più lungo rispetto al passato, ma solo nei confronti dei contribuenti che non applicano le sanatorie. I redditi non denunciati possono essere regolarizzati versando un’imposta sostitutiva del 20% sul maggiore imponibile Irpef o Ires, conveniente per tutte le imprese dato che l’aliquota Ires è al 24%.

Nel decreto è infine esplicitata l’esclusione dalla punibilità “delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale” commesse in relazione all’evasione fiscale. Non rientrerebbero quindi nel perimetro del decreto il reato di riciclaggio e il nuovo reato di auto riciclaggio, due reati gravi per i quali sono previste pene che variano da 2 a 8 anni di carcere, perseguibili, come viene spiegato nel testo del decreto, solo quando sono connessi ad altre forme di reato diverse dall’evasione. Riguardo a dichiarazioni non fedeli, occultamento di documenti contabili non si applicherebbero sanzioni penali, mentre è in discussione la possibilità di includere nella sanatoria dichiarazioni fraudolente, l’uso di fatture o di altri documenti per avvalersi di operazioni inesistenti o mediante “altri artifici”.

Torna inoltre il tema delle pensioni d’oro e le critiche del presidente dell’Inps Tito Boeri che, intervenendo nella commissione Lavoro della Camera, oltre alle critiche sulle pensioni d’oro contesta la riforma della Legge Fornero, e quantifica in 140 miliardi il costo dei provvedimenti per realizzare “quota 100”, la nuova strategia di pensionamento anticipato a 62 anni di età con 38 di contributi. Boeri contesta inoltre anche il condono contributivo: “A differenza di un condono fiscale ha un effetto devastante sui conti del nostro istituto”, dichiara. Si stima che “quota 100” abbia un costo “il primo anno di 7 miliardi, che poi salgono a 11,5 miliardi nel 2020, quasi 17 miliardi, un punto di Pil nel 2021”. Per di più , ha sottolineato Boeri, “un lavoratore pubblico che va in pensione adesso con 62 anni e 38 di contributi, rispetto ad andare con una pensione piena a 67 anni, approssimativamente potrebbe perdere 500 euro al mese”, ciò che potrebbe spingere molti lavoratori a non prediligere il pensionamento anticipato.

Per quanto riguarda  il “programma del reddito di cittadinanza” – che prevede l’iscrizione ad un centro per l’impiego  che supporterà il disoccupato nella ricerca di un percorso di riqualificazione specifico che lo aiuti a reinserirsi nel mondo del lavoro – sarebbero circa 780 euro al mese per un totale annuo di 9.390 euro. Mentre per coloro che sono proprietari di una casa la cifra si riduce a 380 euro in quanto viene “decurtata” dal cosiddetto “affitto imputato” la cifra di 400 euro che corrisponderebbe ad una cifra media per un canone di locazione. La durata massima della misura è di due anni, e durante questo arco di tempo il beneficiario o beneficiaria dovranno accettare almeno una delle tre offerte di lavoro pervenute. Al terzo rifiuto si perde il diritto all’assegno. È possibile rifiutare la prima offerta esclusivamente se il luogo di lavoro dista più di 50 chilometri da casa o fuori regione.

Un disegno di legge collegato alla legge di Bilancio dovrebbe definire reddito e pensione di cittadinanza, da approvare entro la fine dell’anno. Le misure entrerebbero in vigore dal primo gennaio 2019. È prevista inoltre una radicale riorganizzazione dei centri per l’impiego (oltre 500 sparsi in tutta Italia) con personale specializzato e tecnologie all’avanguardia, e far questo  ci sarebbe un miliardo di euro a disposizione e non molto tempo. L’esecutivo potrebbe quindi pensare di coinvolgere delle agenzie di lavoro private che presentano più elevati standard di efficacia e di organizzazione.

Sul fronte delle imprese l’obiettivo è anche quello di semplificare i rapporti con la Pubblica amministrazione con il “decreto Semplificazioni” del governo Conte. In definitiva meno carta, una certa predisposizione al digitale, più sostegno nei periodi di crisi aziendale con la Cassa integrazione e con il fondo di garanzia se l’azienda entra in collisione con le banche perché non ha riscosso un credito da parte dello Stato. La “norma Bramini” in particolare – da Sergio Bramini, l’imprenditore fallito mentre aspettava di riscuotere 4 milioni di euro di pagamenti dallo Stato – “salva gli imprenditori che hanno crediti dal pignoramento delle case e dal pignoramento dei propri beni” da parte degli istituti bancari creditori.

Per il presidente Sergio Mattarella “i segnali di ulteriori tensioni e misure protezionistiche rischiano di pesare sulla fiducia”. Ed inoltre “è indispensabile uno sforzo condiviso per dimostrare la capacità del nostro Paese di affrontare le sfide”. Per il capo dello Stato “servono un dialogo costruttivo e un alto senso di responsabilità da parte della politica, delle istituzioni, delle imprese, delle associazioni e della società civile per scelte consapevoli con una visione di lungo termine nell’interesse collettivo”. Tutto ciò evitando di allontanarsi (anche sul fronte dei conti) dall’Europa che “pur con lacune e contraddizioni, ha assicurato un patrimonio inestimabile di pace e benessere”. Nel frattempo il commissario agli Affari economici dell’Ue, Pierre Moscovici, ha consegnato al ministro Giovanni Tria una lettera di richiamo a causa di una “violazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità” (deficit al 2,4% del Pil nel 2019), chiedendo una risposta entro i primi giorni della prossima settimana.

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