Storia e frasi fatte
Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono costretti a riviverlo (Primo Levi). Un popolo che ignora il proprio passato non saprà nulla del proprio presente (Indro Montanelli). Aggiungiamo che il futuro ha sempre origine nel passato e, credo il quadro sia completo. Scrivere con frasi fatte e che vengono, guarda il caso, proprio dal passato, può rivelare assenza di idee; ma richiamare alcuni concetti, detti da grandi uomini, in questo momento sembra quanto mai opportuno se non indispensabile per risvegliare le memorie.
Si richiamano ricordi di passati regimi per giustificare o condannare episodi di oggi e, qualcuno, riesce ancora a trovare altra ragione della propria esistenza politica se non quella di affondare radici in alcune idee o essere nato per combattere idee altrui. Argomenti che sono non solo superati, ma portano ad essere ridicoli che vi si attacca, come l’edera ad un muro, mascherando così il proprio vuoto di idee in merito all’oggi che deve essere affrontato. Il dramma è che proprio coloro che per portare avanti oggi la propria idea si attaccano al passato, dimostrano di non conoscerlo o strumentalizzarlo.
In tutto ciò vengono adeguatamente e opportunamente aiutati da chi, viceversa, dovrebbe avere tutto l’interesse, ma anche il dovere, di prendersi cura della cultura e della preparazione delle nuove generazioni cresciute con in mano non libri, magari di storia, bensì oggetti nei quali è possibile trovare tutta la storia dell’umanità ma vengono usati per giocare, mandare foto, scambiare messaggi.
Non solo sembra che venga eliminata la traccia di storia dai temi della maturità per il prossimo anno, ma si sente parlare anche di abolizione dell’insegnamento della Storia dell’arte. Di che rabbrividire. L’Italia è ritenuta, e non a torto, culla dell’arte sin dal medioevo. E possiamo essere orgogliosi di trovare tra i nostri antenati Giotto e Cimabue, in un’epoca in cui nascevano imponenti cattedrali ed i costruttori italiani primeggiavano come, ad esempio, i maestri campionesi. Da allora nell’arte l’Italia probabilmente ha prodotto probabilmente i più grandi geni della pittura e della scultura. Tutto ciò ha influito anche sulla società e su molti eventi storici importanti; ed immaginare che dalle scuole si voglia bandire quel minimo insegnamento di cultura e civiltà che possono dare le poche ore dedicate a questa materia è un segnale preoccupante. Quasi voler cancellare le nostre radici. Speriamo resti allo stato di idea (sbagliata).
Come allo stesso modo si confida che resti un’idea anche la proposta di togliere dalle tracce delle prove scritte della maturità quella di storia. È stato eccepito che la traccia di storia è quella che richiede una maggiore conoscenza e preparazione perché, oltre a saper ben dare la propria opinione in italiano, è indispensabile avere prima assimilato i concetti e saperli leggere nel giusto contesto temporale e sociale. Ma offrire a studenti che preferiscono prepararsi sui social network e sembra amino più le giornate di occupazione (anzi, oKKUpazione) e le marce per qualcosa che non passare tempo nelle aule, un salvacondotto per evitare lo studio di una materia, pare eccessivamente troppo.
Offrire scappatoie a chi regolarmente usa una X o una K al posto di “per” e “che” per mandare messaggi, potrebbe essere un segnale sbagliato su cui l’attuale ministro dell’Istruzione, che dovrebbe occuparsi anche di università e ricerca, ha il dovere di riflettere. Conoscere la storia, e conoscerla correttamente non solo nei fatti, ma anche nei contesti e nelle loro ragioni, serve semplicemente a capire, aprire le menti, prepararsi ad affrontare il presente in una prospettiva che non sia solo quella di dividere tutto in due uniche categorie che, sempre e comunque, vengono ridotti a quella dei buoni e quella dei cattivi, con l’impossibilità però, salvo rare eccezioni, di stabilire che di volta in volta lo fosse.
Leggendo queste notizie, unitamente a quella, peraltro ondivaga come altre che provengono dall’attuale Governo, dell’eliminazione del numero chiuso alle facoltà di medicina, il quadro complessivo che si presenta, non è dei migliori.
Al Ministero di Viale Trastevere si sono succeduti, dopo Benedetto Croce e Giovanni Gentile, giganti della filosofia. Nomi come Giuseppe Bettiol e Aldo Moro, giuristi di altissima caratura, come anche Antonio Segni, accademico poi Presidente della Repubblica. Oggi dopo l’esperienza di una sindacalista troviamo, con tutto il dovuto rispetto per le categorie, un insegnante di educazione fisica. Confidiamo che un sano esercizio mentale, riporti la storia, ma con essa l’intera scuola italiana, al livello che le spettano.
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