Trattato INF a rischio?
L’ultimo bellicoso annuncio del Presidente Trump riguarda la decisione di ritirare gli Stati Uniti dal Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty). È un trattato bilaterale, firmato nel 1987 da USA e URSS ed elimina tutti i missili, tanto convenzionali quanto nucleari, con una portata tra i 500 e i 1000 kilometri, e le loro basi di lancio. In vari anni, ne sono stati infatti eliminati a migliaia.
I missili cosiddetti ”intermedi” hanno una caratteristica: non riguardano l’equilibrio di forze tra le due superpotenze, che è affidato ai missili di lungo raggio, capaci di colpire i territori dei due Paesi. La loro portata li rende adatti soprattutto a colpire, in Europa, gli alleati degli Stati Uniti. Infatti, il Trattato fu la filiazione diretta della crisi del 1979, quando l’Unione Sovietica cominciò a installare missili di medio raggio, capaci dunque di colpire o minacciare qualsiasi città o territorio della NATO in Europa; e NATO e Stati Uniti risposero installando in Germania, Belgio e Italia missili di portata analoga (o cruise-missile). Fu una mossa felice, che convinse i sovietici a rinunciare a una giocata strategica che si accorsero di non poter vincere. Ero alla NATO in quell’epoca e partecipai al difficile dibattito interno. I partiti comunisti si opponevano con veemenza alla decisione atlantica, e così certi settori cattolici. Ma la decisione passò, grazie soprattutto alla chiaroveggenza del nostro Premier di allora, Francesco Cossiga, e di Bettino Craxi che lo sosteneva (in precedenza, su questo tema era caduto il Governo Andreotti del “compromesso storico”). Pochi anni dopo, si giunse all’eliminazione di tutti quei missili e la decisione NATO del 1979 si confermò saggia e lungimirante.
Per un quarto di secolo il Trattato ha funzionato senza troppe difficoltà, pur tra diffidenze reciproche. Negli ultimi anni, tuttavia, gli Americani hanno preso ad accusare la Russia di star sviluppando un missile da crociera che viola il Trattato stesso. Questa violazione è stata indicata da Washington come la ragione che spinge gli USA a denunciare il Trattato, riprendendo così la libertà d’azione che consente loro di sviluppare i propri sistemi di missili intermedi. Da parte russa si è subito protestato, negando ogni violazione del Trattato e preannunciando contromisure. Ma in una materia così delicata e complessa è necessario andare oltre le dichiarazioni di facciata. Secondo analisti di primo piano, la cancellazione del Trattato INF in realtà fa comodo anche a Putin, perché gli ridà mano libera in un settore strategicamente importantissimo, sia nei confronti eventuali dell’Europa, sia, più verosimilmente, nei confronti della Cina.
La Cina, in verità, pare essere il vero fattore dietro alla decisione americana. Non essendo parte del Trattato, essa ha potuto sviluppare in questi trent’anni un sistema assai aggiornato di missili intermedi, che le conferiscono la capacità di minacciare tutti i vicini e rivali asiatici, dal Giappone all’India, da Taiwan all’Australia alla stessa Russia e di colpire direttamente anche le basi americane in Asia senza per questo rischiare necessariamente un conflitto nucleare a base di missili a largo raggio con gli Stati Uniti. Se gli USA non disponessero di sistemi d’arma analoghi, sarebbero costretti a combattere con una mano legata alla schiena e potrebbe verificarsi prima o poi la necessità impellente di un loro ritiro dall’Asia (lo stesso, in teoria, potrebbe prefigurarsi per l’Europa se i Russi disponessero di missili intermedi senza un equivalente americano, come erano molto vicini a fare negli anni Settanta).
In questa luce, è da pensare che l’eliminazione delle restrizioni imposte dal Trattato convenga sia a Washington che a Mosca e che la mossa di Trump si riveli meno criticabile di tante altre. Può deplorarsi certo che, con essa, il mondo si troverà ad essere un luogo più pericoloso, almeno per gli europei a portata dei missili russi. Ma va riconosciuto che il fattore cinese non era prevedibile nel 1987, quando tutto ruotava attorno al conflitto Est-Ovest. La Storia cammina, e ad un ritmo sempre più rapido, e i dati su cui si fondano equilibri e strategie internazionali sono oggi sempre più in revisione.
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