Diritto di cronaca e diritto di causa
La libertà di stampa è sacrosanto principio di democrazia, corollario degli altri diritti che ne sono fondamento: libertà di pensiero e di parola. Non si possono limitare la stampa e il diritto di cronaca, così come non si può ostacolarla frapponendo ostacoli anche indiretti quali impedire forme di finanziamento. Tali atteggiamenti sono tipici di regimi illiberali e totalitari. Ciò premesso, è allo stesso modo diritto di chiunque quello di poter agire in giudizio per tutelare le proprie ragioni. E anche questo diritto non può trovare limiti, anche laddove venga usato nei confronti di chi esercita a sua volta un proprio diritto. Specialmente se quest’ultimo abbia superato i limiti che gli vengono imposti dalla sua attività, dal buonsenso, dalle leggi.
La vicenda di Marco Travaglio, condannato a risarcire Renzi Padre per i suoi articoli, ha visto una reazione a dir poco scomposta e ai limiti del terrorismo psicologico. Con un linguaggio insinuante e rivendicando la bontà del proprio operato, pesantemente censurato in sede giudiziaria, il giornalista chiede l’aiuto dei propri lettori per riparare ad un suo errore e lancia un appello pietistico sostenendo che il continuo ricevere citazioni, e magari perdere le cause, porterebbe un giornale non sovvenzionato al rischio di chiusura. Viene poi lamentata la sproporzione nella misura del risarcimento.
Due semplici osservazioni sono d’obbligo. Non si può impedire a nessuno di agire in giudizio per tutelare il suo nome e la sua onorabilità quando si senta leso nei suoi diritti e nella sua immagine. E la misura del danno è data, oltre che dalla visibilità che ha una persona in quanto tale, dalla eco che il giornalista gli ha creato addosso. Sbattere il mostro in prima pagina può ritorcersi contro lo stesso giornalista quando una sentenza dichiara che non si tratta di mostro.
Secondo punto su cui riflettere – e Travaglio prima di pubblicare le proprie perorazioni e rivendicazioni avrebbe dovuto fermarsi a farlo, specialmente laddove parla di buon giornalismo – è che quella a favore di Tiziano Renzi è almeno la terza sentenza nei confronti di lui e del suo giornale con cui si valuta negativamente il suo operato.
Travaglio parla di giornalismo che incontri il favore dei lettori. E’ un’affermazione infelice: il giornalista non deve far felice il suo pubblico; quello è compito di un comico o di un politico che sbandiera un programma elettorale, magari irrealizzabile. Il giornalista deve dare notizie e opinioni. Ma se l’opinione diviene strumentalizzazione o ricerca del consenso popolare, la magistratura non lo ha ritenuto corretto svolgimento del proprio ruolo.
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