Corinaldo e il senso della musica oggi
Probabilmente per alcuni, io per primo, la tragedia alla discoteca di Corinaldo, è stata l’occasione per scoprire un universo sconosciuto: quello della musica trap, dei suoi cantanti e del suo pubblico. E’ oggettivamente impossibile stare dietro a tutte le novità, gli stili, i personaggi che oggi fanno musica. Chiunque, con una tastiera e una webcam, può realizzare un video, mandarlo in rete e in pochissimo tempo, a suon di like e condivisioni, diventare la star del momento e idolo di un suo pubblico.
Sembrano sepolti dai secoli gli anni in cui per ascoltare il nuovo disco di un cantante famoso o la novità del momento, si stava con l’orecchio attaccato ad una radio, magari portatile. Per vedere il loro volto era necessario aprire perlomeno un giornale o attendere le non certo frequenti apparizioni in TV dove, ascoltando quasi sempre un pezzo in playback, si poteva abbinare volti e musica. Esiste oggi una canzone che non sia accompagnata dal suo video?
Quindi, premesso che sui gusti non si discute, diamo atto che probabilmente la reazione di molti ai testi, allo stile, all’aspetto dei vari Sfera Ebbasta, Fedez, J Ax e di tutti gli altri rapper o idoli hip hop del momento, è quella stessa negativa che ricevettero all’inizio degli anni sessanta i Beatles e i Rolling Stones dalle generazioni meno giovani. E forse la stessa che ebbe il jazz ai suoi esordi.
Con la globalizzazione, con i nuovi mezzi di comunicazione, con la possibilità di avere a costi quasi zero, in ogni momento della giornata, una collezione infinita di brani musicali, è chiaro che il modo di ascoltare la musica è cambiato, e con esso forse la musica stessa che non può prescindere, come ogni prodotto immesso sul mercato, dal concetto di packaging.
Viene infatti da chiedersi che senso avrebbero alcuni attuali generi musicali, molti cantanti e gruppi che vengono ascoltati oggi. Avrebbero un seguito di pubblico solo con i loro testi se non fossero accompagnati da un look sempre più importante e che probabilmente, per alcuni è tutto o comunque parte del personaggio? Anche Vasco Rossi sarebbe poco credibile in giacca e cravatta.
Non illudiamoci possano ripetersi casi come quelli di Lucio Battisti e Mina che decisero di abbandonare le scene e non farsi neppure più vedere per porre in evidenza l’importanza dei brani, dei testi, del messaggio che la loro musica voleva portare. Ma anche i Beatles cessarono di esibirsi dal vivo dopo soli quattro anni dall’inizio della loro carriera come gruppo (e ai loro concerti, dove regnavano folle isteriche, non mi risulta si siano registrati dei morti).
Ad una società che non è più quella di venti anni fa (figuriamoci di cinquanta) non si può chiedere di restare ancorata a vecchi schemi: obsoleti e inadeguati alle velocità con cui ci muoviamo.
Anche la musica si è adeguata, cambiando il modo di approcciarsi con il pubblico; probabilmente è necessario un rapporto più frequente, fatto anche di video dove si possono intrecciare polemiche e rivalità più o meno reali. Anche la necessità di spettacoli dal vivo è sicuramente diversa rispetto a quanto non lo fosse in passato, quando il successo di un cantante si misurava esclusivamente dai dischi venduti e non dalle visualizzazioni. Però, se così fosse, comparando due epoche impossibili da confrontare, chissà quanti milioni di volte sono stati ascoltati, in forma di 33 o 45 giri, quei dischi. Se fosse una guerra di cifre e numeri ho forti dubbi che un Clementino possa competere anche solo con Gianni Morandi. E un confronto numerico con Bob Dylan è improponibile.
Prendiamo quindi atto dell’evoluzione di un mezzo di comunicazione potentissimo come quello della musica; dei nuovi pubblici e delle loro esigenze e richieste, prontamente raccolte da chi non può prescindere dall’approvazione della folla per esistere sopravvivere artisticamente.
È anacronistica nostalgia ripensare all’epoca in cui con cento lire e un juke box, potevano essere condivise due canzoni, ballando con gli amici in un bar o su una terrazza d’estate. Questa nostalgia torna però a galla quando vediamo gruppi di giovani, ognuno con il suo cellulare e le sue cuffie; ognuno che ascolta la sua musica, ognuno da solo.
In ogni caso, per cadere nei luoghi comuni, non è stato il cantante a causare la strage; le responsabilità saranno a carico di gestori e organizzatori dopo un processo. Ma viene da chiedersi cosa possa spingere un genitore ad accompagnare ad un concerto un figlio teenager per ascoltare un cantante che si presenta al pubblico dichiarando “sono una merda, ragiono col cazzo” e ad una donna “Hey troia! vieni in camera con la tua amica porca” Lasciamo la risposta a sociologi e femministe.
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