Celebrità (Film, 1981)
Ninì Grassia (Aversa, 1944-Castelvolturno, 2010) s’inventa Nino D’Angelo attore cinematografico, dopo aver debuttato dietro la macchina da presa con La pagella (1980) e L’ultima volta insieme (1981), scrivendo – insieme ad Angelo Fusco – un melodramma romantico, con accenni di farsa e musicarello, ispirato alla canzone Celebrità.
Celebrità è composto da due film distinti che procedono come rette parallele senza toccarsi mai, per congiungersi in sporadiche occasioni, grazie a eventi che coincidono tra la storia principale e la sottotrama. Il film comico, direi quasi farsesco, da puro avanspettacolo, vede protagonisti I Fatebenefratelli (Edo e Gigi Imperatrice), un duo comico napoletano che vive un periodo di effimero successo televisivo, teatrale e cinematografico. I due comici gestiscono un’impresa di pompe funebri dal nome improbabile (Le ore liete dei fratelli Fate Bene) e sono amici di uno sciocco meccanico, proprietario dell’officina dove lavora il nostro Pasqualino Capece (D’Angelo). La parte comica è affidata tutta a loro, basata su una serie di malintesi tra donne e morti, motori e sesso, funerali che si fermano per mancanza di benzina, persone che vengono quasi convinte a morire in cambio di ricca sepoltura e via con simili amenità da avanspettacolo.
Il film principale vede Nino D’Angelo mattatore, operaio meccanico figlio di povera gente, vorrebbe fare il cantante ma viene truffato da un finto agente privo di scrupoli e si trova a delinquere per restituire una somma di denaro prestata da amici malfattori. Il nostro eroe finisce in galera ma è la sua fortuna perché durante uno spettacolo per detenuti dimostra le doti canore, quindi un boss lo raccomanda a un vero impresario che lo fa scritturare per alcuni spettacoli e in poco tempo arriva il successo. Non è finita la serie delle prove che attendono Pasqualino – che ha cambiato nome in Nino D’Angelo – perché deve cadere nella rete tesa da una malafemmina (Sonia Viviani), bella e ricca che lo vorrebbe tutto per sé come un oggetto da esibire. La morte della madre per infarto riporta il giovane sulla retta via, anche se il dramma finale lo vede sconvolto e in lacrime a rimproverarsi sul lungomare per non aver capito in tempo quale fosse la strada da seguire.
Ninì Grassia pesca a piene mani dalla vita di Nino D’Angelo, drammatizzando alcuni episodi e rendendoli più cinematografici, con la collaborazione di Angelo Fusco. La canzone Celebrità viene messa in scena sul palcoscenico di una Napoli solare e povera, tra quartieri dove vivono i diseredati e via Caracciolo dove si va a passeggio sul lungomare. Il regista realizza un film che profuma di musicarello e di sceneggiata napoletana, ricco di musica neomelodica composta da Nino D’Angelo. Il soggetto proviene da una sola canzone, anche se nel corso del film ne vengono cantate altre di simile tenore, fino alla conclusiva – strappalacrime – dedicata alla mamma. Tutte le componenti della sceneggiata sono presenti: l’amore tra madre e figlio, la brava ragazza da sposare, la malafemmina, gli amici buoni, i compagni mariuoli, il truffatore, il boss uomo d’onore, le umili origini, la famiglia unita. Tutto questo contesto è schizzato di musica napoletana che richiama i classici popolari del genere ma anche di comicità da avanspettacolo e di romanticismo che nel finale diventa cupo melodramma.
Ninì Grassia inserisce parti prese da veri concerti di D’Angelo, spezzoni girati in discoteca e programmi televisivi per realizzare sempre di più la compenetrazione tra personaggio e attore, rendendola indissolubile. Il film ottiene uno straordinario successo di pubblico, soprattutto a Napoli e in Campania, ma poco a poco fa scalpore e riempie le sale di tutta la penisola, contribuendo a consolidare il fenomeno dello scugnizzo dal volto buono che mentre canta racconta la sua vita. Il regista dimostra mestiere, usa lo zoom a più non posso come costume del periodo, ma fotografa molto bene una Napoli solare e marina, realizzando alcune buone sequenze da film d’azione. Va da sé che siamo in presenza di un film convenzionale dove la malavita viene dipinta a colori tenui e il protagonista finisce per trionfare dopo aver superato diverse prove che lo fanno diventare uomo.
Nino D’Angelo è cantante dialettale dalla voce invidiabile e attore abbastanza naturale, mentre Regina Bianchi è una madre coraggio straordinaria, la vera attrice del film. Sonia Viviani interpreta un ruolo da cattiva e perfida amante senza precedenti, molto castigata; I Fatebenefratelli se la cavano discretamente nella parte comica, restando coinvolti persino nel finale drammatico. I dialoghi sono artefatti e carichi di patos drammatico, da pura sceneggiata napoletana; nel finale il melodramma diventa ancora più commovente, non si resta insensibili alla morte della madre mentre Nino canta in televisione e poco dopo accorre al capezzale per finire sul lungomare a intonare musica e parole struggenti. La musica di Nino D’Angelo è tra le cose migliori del film, cambia tonalità a ogni sviluppo della storia, come da lezione del miglior melodramma. La durata di 117’ sconcerta, se si pensa che tutto deriva da una canzone, ma molto contribuisce la parte comico-farsesca che, come abbiamo detto, è un film nel film.
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Regia. Ninì Grassia. Soggetto: Ninì (Antonio) Grassia (tratto dalla canzone Celebrità di Annona-D’Angelo, discografia Vis Radio). Sceneggiatura: Ninì Grassia, Angelo Fusco. Fotografia: Federico Zanni. Montaggio: Franco Malvestito. Musiche: Nino D’Angelo. Arrangiamenti e Direzione: Augusto Visco. Edizioni Musicali: Gesa (Milano). Direttore di Produzione: Luigi Ciotola. Produzione: Giada Cinematografica srl. Esterni: Napoli, Aversa. Interni: Edenlandia, Agenzia Pompe Funebri Citarella (Aversa), Discoteca Old Station, Circolo Club Punto D’Incontro, Il Lanternone (Palinuro). Genere. Musicale, Drammatico. Durata: 117’. Interpreti: Nino D’Angelo, Regina Bianchi, Sonia Viviani, Lino Crispo, Bianca Sollazzo, I Fatebenefratelli, Luciano Iannantuoni, Stefania Di Giandomenico, Mimmo Postiglione, Renato Devi, Gigi Capone, Gianni Rossetti, Michela Gallo, Armando Rossi, Ciro Scarfato, Gennaro Strazzullo, Enzo Berri.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]