Fortunati ad avere eroi

Bertolt Brecht, in una delle sue frasi più menzionate, giunge a definire addirittura beati i popoli che non hanno bisogni di eroi. Peraltro, pur molto citata, questa frase è stata probabilmente poco compresa. Chi la usa spesso dimentica, o non sa, che sono le parole messe in bocca dallo scrittore e drammaturgo tedesco a Galileo Galilei; e non è propriamente semplice trovare qualcuno più eroe dello scienziato che sostenne le sue scoperte di fronte a un tribunale molto poco disposto ad ascoltare idee che non condivideva.

Forse Brecht si riferiva ad una società ideale, dove non vi è bisogno di nuovi Leonida per salvare la patria; oppure temeva un conquistatore come Alessandro Magno. Più probabilmente Brecht voleva avvertire del pericolo di dare ascolto a sedicenti eroi che vogliono salvare una nazione; ipotesi verosimile considerato che le prime versioni della Vita di Galileo, da cui la frase è tratta, risalgono al 1938.

In tal senso è difficile non condividere le parole di Brecht; ma una frase di simile potenza e portata non può non essere contestualizzata e porta a chiedersi chi possano essere gli eroi in determinati contesti e momenti storici; quali siano le situazioni che affrontano, come le affrontano e chi salvano.

Non si può certo pensare agli eroi dello sport (lo sono solo per una stagione e per i loro fans) o, specialmente oggi, agli eroi di guerra. Forse, tolto parzialmente Eisenhower, è difficile individuare nell’epoca contemporanea condottieri che ricordino quelli del passato. Churchill e De Gaulle possono esserlo stati eroi? Ne possiamo discutere; ma oggi l’eroe difficilmente è identificabile in un politico, seppur di innegabile spessore. Forse Gandhi è stato l’ultimo a incarnare lo stereotipo, anche in considerazione del fatto che, per essere eroe, non si può esserlo solo per alcuni, ma si deve essere riconosciuti tali dai più.

Ma gli eroi oggi esistono ancora e sopravvivono; e sono tanti. Per fortuna. Altrimenti, senza voler essere retorici, vivremmo in un mondo decisamente peggiore. Sono migliaia, milioni gli eroi di quest’epoca. Tutti silenziosi e che non si aspettano una medaglia che comunque non verrà. Vivono senza essere mai stati sulle prime pagine dei giornali e quasi certamente nessuno li ricorderà dopo il loro ultimo giorno. Sono stati, e sono, i protagonisti di storie quotidiane, di cronache conosciute da tutti e narrate da nessuno.

Sono tutte quelle persone che lavorano e hanno lavorato in silenzio per garantire a sé stessi e alla propria famiglia un’esistenza e una livello di vita dignitosi. Non voglio parlare assolutamente di quest’ultima generazione, io compreso, che lo sta facendo oggi. Indegnamente rispetto a quella precedente. Ancora non meritiamo di essere considerati eroi come chi ci ha preceduto. Chissà se ne saremo degni.

Questi eroi vivono oggi, perlomeno i più, di una pensione non certo elevata; al massimo dignitosa. E vivono in tutta Europa, dove sono nati a cavallo o alla fine della seconda guerra mondiale e hanno attraversato un’epoca non facile. Sono stati emigranti dal sud al nord o dalla Grecia e dall’Italia fino alle miniere del Belgio, costruendo strade e ponti. Sono i minatori inglesi che hanno combattuto, perdendola, la guerra contro Margareth Thatcher. Sono tutti coloro che hanno aspettato, in silenzio, per paura o per non lasciare da sole le loro famiglie, che cadesse il muro di Berlino per potersi sentire liberi. Lo è stato qualcuno che, nato in Italia, è diventato poi jugoslavo e poi sloveno o croato e ha vissuto un’ennesima guerra che ha coinvolto i suoi figli o i suoi nipoti. Sono eroi che hanno visto la loro capitale invasa da chi li voleva tenere sotto un regime oppressivo ma sono rimasti per sopravvivere.

Eroi lo sono, ognuno a modo loro, tutti coloro che non hanno scelto la via di un guadagno facile rubando o commettendo reati, ma caricandosi sulle spalle famiglie e figli; e hanno combattuto le loro guerre quotidiane contro governi che forse mai li hanno tutelati. Gli eroi sono quelle persone che sono scese in piazza in scioperi legittimi o per cause in cui credevano, ma che a differenza di altri, non si sono nascosti il volto con caschi o passamontagna, hanno rispettato le forze dell’ordine, lavoratori come loro, che erano lì, sulle stesse piazze, probabilmente più per accompagnarli che non per controllarli. Oggi questi eroi vivono i loro giorni guardando nuovi scenari ma, ne sono certo, con la medesima dignità che li ha sempre accompagnati quando non hanno mancato una rata del mutuo o dell’affitto.

Questi eroi hanno portato avanti le loro battaglie, quando è stato il momento, con il loro voto quando gli è stato chiesto e hanno avuto la possibilità di darlo. Un voto di cui possono essersi pentiti, ma lo hanno considerato un dovere cui non era corretto venire meno.  Avrebbero tradito loro stessi. Ed è probabilmente grazie a loro che esistono oggi sistemi democratici che non sono stati spazzati via da dittature o rivoluzioni sbagliate; sistemi che pur con le loro gravi imperfezioni non sono repressivi e non incarcerano o torturano i loro oppositori.

In un momento però, in cui quei sistemi vengono meno, perché mostrano ogni loro debolezza, specialmente se in mano a chi non è in grado di gestirli, e non è degno di chi li ha preceduti, si sente il bisogno che nuovi eroi; eroi finora silenziosi ma che, compatti, riprendano il cammino tracciato da chi li ha preceduti.

Siamo stati fortunati ad avere questi eroi. Forse è il momento di esserne degni.

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