Fantozzi (Film, 1975)
Muore Paolo Paoloni – megadirettore galattico scoperto da Luciano Salce nel 1968, debuttando ne La pecora nera – e Iris (per puro caso) ha in programmazione il primo film della saga Fantozzi, il migliore senza ombra di dubbio, il più originale insieme a Il secondo tragico Fantozzi.
Non ci lasciamo sfuggire l’occasione di rivedere il grande Paolo Villaggio alle prese con il personaggio della sua vita, nato dalla sua penna geniale con due libri di successo, quindi prodotto al cinema da Rizzoli Film (che tempi! Rizzoli produceva libri e film) per la regia di un brillante Salce (che apprezziamo in un cameo da medico dietologo). Fantozzi vede all’opera Piero De Bernardi e Leonardo Benvenuti per la convincente sceneggiatura; Bixio, Frizzi e Tempera per le ottime musiche (La ballata di Fantozzi fu un successo) e attori che resteranno nell’immaginario collettivo come Anna Mazzamauro (signorina Silvani), Gigi Reder (il collega iperattivo e sportivo) e il bravissimo Umberto D’Orsi (il direttore che gioca al biliardo). La versione televisiva ripristina anche la parte che fu tagliata al cinema, quella della detenzione di Fantozzi in una clinica-lager dove per dimagrire non si servono pasti ai degenti, ma di notte impera il mercato nero del cibo.
Un film che si rivede volentieri e che è l’occasione per commemorare Paolo Paoloni nel ruolo in cui sarà sempre ricordato: il megadirettore galattico, presenza eterea di bianco vestita che avvicina il capo supremo dell’azienda a una sorta di divinità. Paoloni arriva solo nelle scene finali, quando Fantozzi si è dato alla politica e tenta una patetica ribellione contro il potere, subito sedata dal megadirettore che lo riceve nelle segrete stanze, gli mostra la poltrona di pelle umana e l’acquario dove nuotano i dipendenti. Fantozzi è così convinto dalle melliflue riflessioni del megadirettore che si inginocchia davanti a lui e chiede di interpretare il ruolo della triglia nell’acquario. Moltissime le scenette memorabili: Fantozzi al ristorante giapponese con il cane della signorina Silvani cucinato al forno, Nello Pazzafini che distrugge l’auto di Fantozzi reo di averlo insultato, la figlia di Fantozzi derisa come una scimmietta per Natale dai dirigenti dell’azienda, il veglione di Capodanno con Fantozzi umiliato da un maldestro cameriere.
La saga Fantozzi proseguirà fino ai giorni nostri con film meno divertenti e indovinati di questo, ma Il secondo tragico Fantozzi (1976) sarà un degno sequel, ispirato a storie scritte da Paolo Villaggio nei due libri, sempre per la regia di Salce (in un primo tempo si pensò a Samperi) con l’attore quasi coregista.
Paolo Villaggio presta il suo volto a un modello iconico di impiegato frustrato, simbolo della società contemporanea che riduce l’uomo a una stupida macchina da lavoro. Paolo Paoloni, invece, è il padrone stile Umberto Agnelli, quasi onnipotente nella sua grandezza. Abbiamo avuto modo di vederlo in Benedetta follia di Carlo Verdone, un anno fa, nel suo ultimo ruolo. Era un obbligo salutarlo con affetto.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]