Tutti i santi giorni (Film, 2012)
Paolo Virzì gira una commedia romantica che spesso scade nel grottesco, passabile per tutto il primo tempo, persino ironica e divertente, ma decisamente sopra le righe per tutta la seconda parte, fino a risultare fastidiosa e poco credibile. Tutti i santi giorni ha pure il torto di arrivare dopo un piccolo capolavoro di poesia come La prima cosa bella, oltre al fatto che da Virzì ci attendiamo sempre il massimo e non uno scadente film alimentare.
In sintesi la trama. Guido (Marinelli) e Antonia (Thony) sono una coppia male assortita ma molto innamorata, lui viene dalla Val d’Orcia ed è figlio di docenti universitari, lei è una ragazza scappata di casa che vorrebbe fare la cantante. Vivono alla periferia di Roma, lui fa il portiere di notte ma è un ragazzo intelligente, laureato in letterature classiche, che per restare accanto alla sua bella rinuncia a un posto negli Stati Uniti come docente universitario. Antonia lavora in un autonoleggio e scrive canzoni nella speranza di avere successo. Il titolo del film è il leitmotiv della storia: Guido rientra dal lavoro e ogni mattina sveglia Antonia con la colazione a letto e la storia del santo quotidiano. I due ragazzi sono felici ma c’è qualcosa che manca alla loro unione: un figlio. Il desiderio si fa pressante, provano diverse strade, medici e consultori, infine optano per la fecondazione assistita. Il tentativo non va a buon fine, Antonia perde la testa, tradisce Guido con il primo che capita, scappa di casa, lui sprofonda nella disperazione, in un crescendo di disavventure davvero fuori luogo. Il lieto fine che prevede il matrimonio in Sicilia è la cosa più assurda di una storia bislacca, raccontata male, spesso fastidiosa, decisamente inutile.
Tutti i santi giorni è senza dubbio il peggior film di Paolo Virzì, alla sua decima prova dietro la macchina da presa, che decide di raccontare una storia d’amore tra due persone diametralmente opposte per carattere, cultura e origini familiari. Guido è un bel personaggio e soltanto la bravura di Luca Marineli salva la pellicola da un giudizio ancora più negativo. Antonia è una figura raccontata molto sopra le righe, interpretata dalla debuttante Thony, molto brava come musicista ma con scarse doti da attrice. La colonna sonora ne guadagna non poco, ma il film meno.
Apprezziamo l’ironia di alcune battute, il tono farsesco di certe situazioni, ma troviamo spiazzanti le caratterizzazioni dei personaggi di contorno, troppo trucidi per essere veri. I personaggi sono tratteggiati con poco spessore, a tinte monocordi, persino il protagonista è troppo buono, eccessivo nella sua dose di sopportazione di tutte le angherie pur di coronare un sogno d’amore. Virzì si fa prendere la mano da Simone Lenzi, autore di un libro scadente che affascina il regista, mentre l’apporto di Francesco Bruni, della sua poetica minimalista resta in secondo piano.
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Regia: Paolo Virzì. Soggetto: Liberamente tratto dal romanzo “La generazione” di Simone Lenzi. Sceneggiatura: Paolo Virzì, Simone Lenzi, Francesco Bruni. Fotografia: Vladan Radovic. Montaggio: Cecilia Zanuso. Scenografia: Alessandra Mura. Costumi: Maria Cristina La Parola. Trucco: Massimo Gattabrusi. Musiche: Thony (Federica Victoria Caiozzo). Sigla di coda: Simone Lenzi (Tutti i santi giorni). Produttore: Elisabetta Olmi. Produzione: Motorino Amaranto, Rai Cinema. Distribuzione: 01. Girato: Lazio (Roma, Acilia) e Sicilia. Interpreti: Luca Marinelli, Thony, Katie Mc Govern, Micol Azzurro, Frank Crudele, Robin Mugnaini, Fabio Gismondi, Benedetta Caselli.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]