Sanzioni alla Russia, gli effetti sull’export made in Italy

Le sanzioni introdotte nei confronti della Russia nel 2014 e prorogate di ulteriore 6 mesi il 29 giugno 2018 per punire Mosca di non avere rispettato il Trattato di Minsk continuano a far discutere per gli effetti nefasti che ricadono sulle economie lato export. Ad ogni azione aggressiva corrisponde sempre una pari reazione, come con i dazi, anche sanzioni ed embarghi innescano una serie di ritorsioni che raramente portano beneficio. La Russia di Putin ha subito scelto di porre un embargo totale a tutta una lista di prodotti agro-alimentari provenienti da UE, Canada, Norvegia, Australia e USA. In questo campo l’Italia è ovviamente uno degli attori più importanti con la sua industria del food&wine duramente colpita. Coldiretti ha calcolato un danno nelle esportazioni italiane per un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro nel 2017, rispetto agli 11 miliardi del 2013: “Un blocco dannoso per l’Italia, anche perché al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le esportazioni anche per i prodotti non colpiti direttamente, dalla moda alle automobili fino all’arredamento”.

Eurostat ha certificato che l’interscambio commerciale dell’UE con la Russia è sceso da 338 miliardi di euro del 2013 ai 191 miliardi del 2016, il tutto si somma al crollo del prezzo del petrolio ed il 13% della popolazione russa è sotto il livello minimo di sussistenza. Particolarmente duri i vincoli riguardo l’importazione di beni provenienti da Crimea e Sebastopoli, compreso il divieto sugli investimenti, un divieto di prestazione di servizi turistici in Crimea. Se nel 2013 il valore delle esportazioni italiane verso la Russia era di 7,1 miliardi, nel giro di due anni era calato di 3,7 miliardi di euro. Il Vienna Institute for International Economic Studies ha calcolato che nell’Unione Europea sono stati persi fino al 2017 44 miliardi di euro di export e 900 mila posti di lavoro, Italia potrebbe perdere fino a 215.000 posti di lavoro e 7 miliardi di PIL, senza contare i danni al turismo con un crollo del 25% dei visitatori russi.

Una soluzione per aggirare il problema è quello già messo in atto dagli stranieri, come i francesi di Auchan nel 2017 ed a seguire la tedesca Metro, sostituire l’export con la produzione in loco. Una strada che è ben vista dal governo russo che sta erogando forti incentivi alla realizzazione di unità produttive sul suolo russo. Ovviamente dipende dalle produzioni che si vogliono realizzare, essendo l’Italia molto forte sotto il profilo agro-alimentare, non è possibile produrre prodotti dop e docg in loco, questo ha innescato il fenomeno dell’Italian Sounding, la nascita di produzioni locali con nomi che ricordano i prodotti italiani (ricordiamo il ben noto parmesan di antesignana memoria). Altro fenomeno parallelo che si è accompagnato al crollo dell’export verso Mosca, è stata la contemporanea crescita dei mercati viciniori come Serbia e Bielorussia, effettuando poi una triangolazione verso la Russia ed eludendo i blocchi e gli strali statunitensi.

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