Piombino-Trani senza ritorno
Dopo il primo fortunato Calcio e Acciaio, candidato al Premio Strega 2014, Gordiano Lupi torna al salmastro di Piombino con Sogni e Altiforni, sempre per A.Car edizioni. Siamo di nuovo calati nella realtà di Giovanni, mister melanconico con un passato da brillante promessa del calcio; lo ritroviamo aggirarsi nei meandri di una Piombino sempre più dimentica di sé stessa, cosa che forse vorrebbe fare anche lui, per smettere di rievocare un passato che non smette di risuonargli in petto, fra sogni – appunto – illusioni, speranze disattese.
E in questo nuovo capitolo la novità è la voce di Debora, amore mai sopito di Giovanni, che qui prende forma grazie alla penna di Cristina de Vita; un cammino parallelo, dunque, che i due compiono in province simili, per quanto lontane, come simili sono i pensieri dei due che si intrecciano, in spirali di memorie che rimandano a echi del passato, ponti di un presente che i due vorrebbero diverso, anche se poi non è mai facile capire come, e in che maniera. In questo sentiero che i due percorrono insieme, anche se separati, si dipana una storia che è un tango narrativo, in cui i due autori duettano mettendosi a nudo, senza vergognarsi delle loro fragilità. Questo “raccontarsi” empatico ed emotivo mi porta a una riflessione che spero non sia per chi mi legge tediosa. Attualmente il panorama editoriale sembra essere preda di due nuovi manierismi letterari: da un lato un certo rinnovato sperimentalismo stilistico, che “gioca” con i registri comunicativi e linguistici, dall’altro invece una tendenza al “parallelo”, una ricerca ossessiva al distopico che contamina la narrazione con proiezioni oniriche, sfalsando su più piani una storia non storia.
Ecco, io in tutto questo vorticare di compulsiva corsa alla novità, mi aggrappo con tenacia a libri come Sogni e Altiforni. La prosa lineare, mai vezzosa, ma pacata e solida, fa intendere come al centro della vicenda ci sia una storia: una semplice, comune – ma non per questo banale – storia. Sarà forse per questo che leggendolo mi veniva in mente Un amore di Buzzati, che nella sua semplicità è in grado di evocare non solo i sentimenti dei due protagonisti, ma anche gli umori della città di Milano.
Mi permetto quindi di consigliare questo libro a quanti sono ancora alla ricerca di Storie, quelle di cui sono intessute le nostre stesse vite; quelle di cui parlava Bianciardi, i cui passi risuonano forte nelle pagine e che ha reso possibile la scrittura della Recerche di Proust, altra fonte d’ispirazione certa per i due autori.
Per tutti gli altri non c’è problema: c’è un mondo di pubblicazioni più che hipster che li aspetta lì fuori. Noi rimarremo nel nostro cantuccio al caldo, fra le pieghe dei nostri libri di narrativa preferiti.
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