Nigeria, verso un aumento dei salari?
A poco meno di un mese dalle elezioni presidenziali, il governo nigeriano ha concesso un aumento del 50% del salario minimo. Dietro a questo annuncio i sindacati ,che non hanno mai perso la loro indole battagliera.
Il salario minimo data 1981, quando il suo valore era di 125 naire (oggi un euro equivale a 412 NGN). Trentotto anni dopo, dopo mesi di braccio di ferro con i sindacati dei lavoratori e di minacce di scioperi, il governo nigeriano ha concesso un aumento del 50% del salario minimo. C’è uno stretto legame con la campagna elettorale in corso e l’avvicinarsi delle elezioni di Febbraio? La risposta non è poi così semplice. Il salario minimo nel Paese più popolato dell’Africa è attualmente di 18000 naire (un po’ meno di 44 euro) al mese per i dipendenti del settore pubblico come di quelli del privato. Questo importo era stato votato nel 2011 sotto la presidenza di Jonathan Goodluck. Se, all’epoca, 18000 naire valevano 97 euro, oggi ne valgono meno di 50. Siamo sotto la soglia di povertà. Si parlava di adeguamento dal 2015. In effetti, in Nigeria, Paese firmatario delle convenzioni dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), i salari minimi vengono rivalutati regolarmente per seguire l’inflazione e, in base ai dettami della legge nigeriana, dovrebbero essere rinegoziati almeno ogni 5 anni.
Se il forum tripartito composto da rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e dello Stato sta lavorando alla rinegoziazione del salario minimo dal 2017, secondo diversi esperti, il procedimento ha subito un ritardo perché “il governo non può permettersi un aumento, ma anche per arrivare alla conclusione dei lavori il più a ridosso possibile delle elezioni generali di questo inizio 2019, con il fine di avere l’appoggio della popolazione”. Ma la crisi economica ha accentuato le pressioni sul governo che aveva dato la priorità ad altri obbiettivi come lo sviluppo delle infrastrutture. In crisi dal 2014, il debito estero della Nigeria è raddoppiato in tre anni. La classe media emergente si sta contraendo e aumenta il numero di lavoratori poveri. Allo stesso tempo, il costo della vita prende il volo con un’inflazione dell’11,5%. Molti sindacati, tra i quali il Nigeria Labour Congress (NLC), il Trade Union Congress (TUC) e il Unitied Labour Congress (ULC), in prima linea da diversi mesi, hanno dimostrato in un rapporto interno, che “l’esame del costo della vita dall’adozione della legge del 2000 sul salario minimo nazionale mostra chiaramente che l’indice del costo della vita è aumentato così tanto da aver praticamente annullato il valore reale del salario minimo fissato dalla legge”. Il Congresso ha affermato che in Africa sub sahariana, la Nigeria dovrebbe erogare tra i salari minimi più alti delle regione, tenuto conto delle risorse interne e del suo livello di sviluppo. Ma la realtà si mostra diversa: il salario minimo è attualmente in Nigeria uno dei più bassi dell’Africa.
Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI) pubblicate la scorsa settimana, il Paese si sta riprendendo con difficoltà dalla recessione e dovrebbe vedere il suo PIL crescere del 2% nel 2019. Una stima al ribasso visto che inizialmente si puntava ad una previsione di crescita del 2,3%. Il Capo dello Stato uscente Muhammadu Buhari vede il suo bilancio economico molto contestato a sole tre settimane dalle elezioni che lo vedranno candidarsi per un secondo mandato. Lo scorso Novembre, i governatori degli Stati avevano respinto un accordo che portava ad un ammontare di 30000 naire, definendolo “inattuabile” a meno che non venisse drasticamente ridotto il numero di funzionari o si aumentassero i fondi del bilancio federale a loro destinati. Malgrado i sussidi mensili del governo federale, numerosi Stati – la Nigeria ne conta 36 – non pagano i loro funzionari da mesi, tirando in ballo il rallentamento economico. Il Ministro del Lavoro Chris Ngige, ha dichiarato alla stampa locale che la somma di “27000 naire mensili era stata approvata”, in seguito alla riunione de Consiglio Nazionale degli Stati.
Il presidente del Forum dei governatori nigeriani, Abdulaziz Yari, ha dichiarato a sua volta alla stampa: “il problema dello Stato sta nella possibilità di pagare ciò che è stato convenuto. In questo momento lottiamo per 18000 naire. Alcuni Stati pagano il 35%, almeno il 50% , e altri hanno ancora degli arretrati da pagare. Non si tratta solamente di esaminare il problema del salario minimo, ma di capire come otterremo le risorse per erogarlo”. Il nuovo accordo – che deve ancora essere ratificato dal Parlamento -, applicabile sia al settore pubblico che a quello privato, potrà essere rivisto ogni 5 anni. Le imprese con meno di 25 lavoratori ne sono tuttavia esentate, ha precisato Chris Ngige. D’altra parte, “gli Stati e le organizzazioni che possono pagare più di 27000 naire potranno farlo. Questo dipenderà dalla loro salute finanziaria”, ha dichiarato Ngige. “Per esempio, il governo federale ha deciso di non pagare i lavoratori meno di 30000 naire”. “L’accettazione di un salario minimo di 30000 naire non dovrebbe impedire a Stati ricchi come Lagos, Akwa Ibom o Rivers di andare più lontano. Dovrebbero pagare di più tenendo conto della loro situazione finanziaria relativamente migliore delle altre” rispondono i sindacati.
Se hanno più volte minacciato di paralizzare il Paese qualora non ottenessero un minimo di 30000 naire, i sindacati dei lavoratori hanno comunque immediatamente respinto l’annuncio del governo. “Il Congresso dei sindacati della Nigeria (TUC) rifiuta categoricamente il nuovo salario minimo nazionale di 27000 naire”, annuncia Bobboi Bala Kaigama, presidente del sindacato in un comunicato, facendo appello a continuare il braccio di ferro fino all’Assemblea nazionale. Secondo gli analisti, l’attuazione di un nuovo salario minimo nel contesto attuale costituirà una vera sfida per i governi degli Stati e federale, “in un momento in cui gli obblighi del servizio del debito rappresentano più del 50% dei guadagni e dove il governo dovrebbe investire nell’economia reale per offrire vantaggi a quei nigeriani che non beneficerebbero direttamente dell’aumento dei salari, ma verrebbero comunque colpiti dagli effetti inflazionistici negativi”. Per complicare ancora di più le cose, il non pagamento dei lavoratori è un problema noto in Nigeria, oltre a quello dei “lavoratori fantasma”. I lavoratori fantasma sono persone che figurano sul libro paga del settore pubblico, ma non si trovano più nei loro uffici, perché in pensione, deceduti o quant’altro. Qualche mese fa, la Commissione per i crimini economici e finanziari (EFCC) aveva dichiarato che 62000 lavoratori fantasma figuravano sul libro paga federale. La meta da raggiungere non sembra così scontata e la via crucis per i sindacati molto lunga.
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