Italia delle Regioni

l progetto di autonomia rafforzata per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Il percorso che dovrebbe portare a garantire maggiore autonomia alle tre regioni del Nord che ne hanno fatto richiesta in base all’articolo 116 della Costituzione: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto  è ancora lungo  e tortuoso.

La concessione dell’autonomia è prevista, lo ricordiamo,  dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, in cui si stabilisce che le regioni con i bilanci in ordine possono chiedere di vedersi assegnate maggiori competenze rispetto a quelle previste normalmente. La scuola, ad esempio, è una competenza statale, che le regioni virtuose potrebbero chiedere di gestire direttamente.

L’elenco di competenze è molto lungo, ma esclude una serie di temi, come la tutela dell’ordine pubblico, che rimane in ogni caso esclusiva competenza dello stato. Inoltre, lo stato non ha alcun obbligo di assecondare le richieste delle regioni, nemmeno se queste sono sostenute da un referendum popolare, come hanno fatto Veneto e Lombardia.

Il presidente della regione Veneto Luca Zaia, uno dei sostenitori del referendum, ha anticipato che con la riforma sarà possibile trattenere in regione fino ai nove decimi delle tasse riscosse in Veneto: attualmente una grossa parte viene raccolta dallo stato e redistribuita alle regioni italiane più povere. Sono in molti a temere che il vero obiettivo della concessione di maggiore autonomia sia ridurre il flusso di risorse dalle aree più ricche a quelle più povere del paese.

Il dibattito che sta accompagnando il Consiglio dei Ministri del 14 febbraio è molto diversificato.  La  maggiore autonomia verrebbe  definita dalle forze di opposizione una forma di “secessione dei ricchi del Nord”. D’altra parte il  rischio secondo il M5s è chiaro: “Il trasferimento di funzioni non può e non deve essere un modo per sbilanciare l’erogazione di servizi essenziali a favore delle regioni più ricche. Insomma, guai alla creazione di un contesto in cui ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, esito espressamente vietato dalla Costituzione. Su questo, in conclusione, bisogna essere molto chiari”. Matteo Salvini getta acqua sul fuoco: “Non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Chi dice queste cose non ha letto” le bozze delle intese tra Stato e le tre Regioni. “Siamo favorevoli ad una maggiore autonomia ma teniamo in grande considerazione le ragioni del Sud”, le dichiarazioni di Silvio Berlusconi.

Il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani, al termine del Consiglio dei ministri del 14 febbraio riferendosi alla richiesta di autonomia delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: “Abbiamo fatto un passo enorme, storico. Ci sono moltissime materie su cui c’è accordo, restano dei nodi politici su cui già nella settimana prossima troveremo un accordo e formuleremo le proposte definitive”. Alcuni nodi politici devono ancora essere sciolti.

Un punto di criticità è legato anche alla possibilità di non emendare nell’esame del Parlamento il testo del disegno di legge che recepirà i contenuti delle intese.  Il Movimento 5 Stelle esige che il Parlamento mantenga un ruolo centrale nella valutazione delle legge che recepisce le intese, con la possibilità di correggerle se necessario”.

“È l’inizio del processo di disgregazione dell’unità e della solidarietà nazionali, visto che le richieste delle tre regioni porteranno di fatto alla fine del Sistema sanitario nazionale, della scuola e della tutela dell’ambiente come li conosciamo oggi” dice Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente e ora deputata di Leu. “Sono ben 23 le materie su cui Veneto e Lombardia hanno chiesto i poteri, 15 quelle sulle quali vuole competenze dirette l’Emilia Romagna e 21 i miliardi di euro che si stimano legati alle funzioni trasferite. Si va dalle materie a legislazione concorrente – come la tutela della salute e la sicurezza del lavoro, la protezione civile e il governo del territorio, le infrastrutture, l’energia e i rapporti internazionali – a quelle di competenza esclusiva dello Stato, quali le norme generali su istruzione e tutela dell’ambiente e dei beni culturali”.

Si registrano i dubbi dei costituzionalisti: il prof. Sabino Cassese in un intervento a Studio24 di Rainews24: “La sovranità del Parlamento non può essere limitata da un accordo a due tra il Governo nazionale ed una regione. Il processo decisionale non è stato reso noto al pubblico, non c’è stato un dibattito, non c’è documentazione”. E inoltre “la costituzione prevede solo un’autonomia funzionale e non di risorse. Cassese inoltre avverte: “Differenziare sui territori quelle materie in cui i pubblici poteri intervengono per assicurare l’eguaglianza dei cittadini – sanità, istruzione, tutela del lavoro – conduce al risultato paradossale di aumentare le diseguaglianze, visto quanto è difficile assicurare i livelli essenziali delle prestazioni”.  È difficile quindi che il Parlamento possa ratificare singoli accordi tra Stato e Regioni, dove viene meno il ruolo regolatore dello Stato quale garante dei livelli essenziali delle prestazioni circa i diritti civili e sociali di tutti i cittadini.

Infine la posizione del sindaco di Napoli De Magistris: ” E’ a rischio l’unità nazionale, con questo provvedimento si vuole dissolvere l’unità nazionale e aumentare le disuguaglianze; io sono favorevole all’autonomia, ma il governo deve garantire l’unità nazionale e quindi stare più vicino ai cittadini e concedere forme di opportuna autonomia alle città. Invece quella attuale mi sembra una forma di secessione dei ricchi” dice il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, contrario al progetto di legge sull’autonomia rafforzata: “In 8 anni ho guidato Napoli senza soldi, per questo dico che serve un’Italia coesa per fare ripartire il Paese. Dispiace vedere che il M5S, che ha preso tanti voti al Sud, si stia prendendo la responsabilità di portare avanti una norma che favorisce la dissoluzione del Paese. Serve giustizia sociale, abbiamo vinto tante battaglie, sconfiggeremo anche il governo del rancore”.

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