Spider-Man: un nuovo universo (Film, 2018)
Toglietemi tutto ma non il mio Spider Man, che poi per me si è sempre chiamato Uomo Ragno e fin da ragazzino convive con le mie passioni letterarie più alte, con buona pace dei puristi che pretendono si debba leggere solo Proust e Joyce. Meglio Spider-Man che perdere tempo con Camilleri e De Carlo, a mio parere, soprattutto perché Stan Lee, Roy Thomas, Gerry Conway, Davide Michelenie e tutto il resto della compagnia sono signori scrittori e i disegnatori che si sono alternati negli anni alle matite di Spider Man (Ditko, Romita, Kane), dei veri artisti. Leggo ancora il mio Uomo Ragno di quartiere, vera e propria madeleine del passato, soprattutto le vecchie storie (che escono in edicola nella Collana SEC, grazie a La Gazzetta dello Sport – Corriere della Sera), ma sono aperto anche al nuovo, non sono così settario.
Devo dire che al cinema Spider-Man mi ha quasi sempre deluso, a partire dagli anni Ottanta, caratterizzati da due film davvero indecenti con un personaggio stravolto nei contenuti e zero effetti speciali. Altri tempi. Nell’era della computer grafica può mancare tutto ma non i grandiosi effetti, quindi i film contemporanei mancano soprattutto di cuore e di quello spirito Marvel tanto caro ai suoi lettori. Spider-Man – Un nuovo universo, invece, è un piccolo gioiello di cartone animato, ricco di azione e di sentimento, scritto con stile tanto caro a Stan Lee, a metà strada tra l’epopea fantastica e la soap-opera minimalista. Il nostro Peter Parker è solo una comparsa, perché il vero protagonista è Miles Morales, un nuovo eroe di colore ideato da Brian Bendis e disegnato da Sara Pichelli (è italiana, nata a Porto Sant’Elpidio nel 1983, lo sapevate?) per l’universo Ultimate Spider-Man, ambientato nel 2099. La pellicola – diretta da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman – vince il Golden Globe 2018 come miglior film di animazione, con pieno merito, perché è cinema puro, sceneggiato per durare ben 117 minuti, capace di raccontare il rapporto padre figlio in maniera toccante ed emotiva, ma anche tutte le pulsioni adolescenziali in tema di inadeguatezza e di incapacità a credere nelle proprie possibilità.
La storia vede Miles Morales, punto da un ragno radioattivo, prendere il posto dello Spider-Man dell’universo parallelo in cui vive, dopo la morte del suo eroe preferito per mano del perfido genio del crimine Kingping, ma prima viene aiutato dal nostro Peter Parker e da altri Spider-Man provenienti da altre dimensioni. Morales in ogni caso ce la farà da solo, grazie al padre che gli fa capire quanto sia importante credere in sé stessi, visto che per lui il figlio sarà sempre il migliore in tutto quello che farà. Bellissima la sequenza della morte dello zio – che ricalca la morte dello zio Ben nella serie ufficiale – in questo caso un criminale mascherato (Prowler) che si spegne tra le braccia del ragazzo. Stan Lee appare in un cameo, come sempre, inoltre il cartone è dedicato proprio a lui (da poco scomparso) e a Steve Ditko, perché sono stati capaci di farci sognare di essere tutti Spider-Man. Quant’è vero. E quanto ci mancate. Pure se il nostro caro Uomo Ragno di quartiere è ancora vivo e vegeto, sopravvive ai suoi autori grazie alla Marvel e ai suoi validi sceneggiatori e disegnatori contemporanei, alcuni dei quali – lo diciamo con orgoglio – sono italiani. Non vi perdete questo cartone animato, se siete fan di Spider-Man, perché è la cosa migliore uscita dagli Studi Marvel negli ultimi trent’anni.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]