Francia-Germania, il Trattato di Aquisgrana 2019
Il 22 gennaio scorso ad Aachen (in francese Aix-La-Chapelle, in italiano Aquisgrana), Francia e Germania hanno firmato un Trattato bilaterale che si richiama al Trattato dell’Eliseo del 1963. Quest’ultimo all’epoca fu sottoscritto in una ottica di impedire lo scoppio di nuovi conflitti, attraverso lo sviluppo di relazioni culturali, l’insegnamento delle reciproche lingue, sistematiche consultazioni bilaterali e la possibilità che dirigenti pubblici francesi lavorassero per un certo periodo negli uffici pubblici tedeschi e viceversa.
Il Trattato stipulato dal Presidente Macron e dalla Cancelliera Merkel, ricalca a grandi linee il precedente, ma allargandone sensibilmente i confini. Impegna i due paesi nei settori della cultura, dello scambio linguistico, delle consultazioni bilaterali, sul mercato del lavoro nella PA con scambi di dirigenti, temi già presenti nel precedente, ma aggiunge dei punti particolarmente pregnanti. Troviamo l’intenzione di creare una politica estera comune ed una forza militare indipendente dalla NATO, quindi slegata dalle smanie isolazioniste di Trump, e con evidenti possibili ricadute nel florido mercato degli armamenti. Si metterà in atto anche una stretta alleanza militare in Africa contrapponendosi così alle manovre di russi, americani e cinesi e rendendo di fatto ancora più superfluo, se mai fosse possibile, il lavoro dell’attuale governo italiano nella zona.
Ancora più importante appare in prospettiva la volontà di fare entrare la Germania come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con buona pace dei malumori di Conte e dei suoi vice-premier, sempre più incapaci di inserirsi efficacemente nelle politiche comunitarie. Il discorso relativo al seggio cui avrebbe diritto la Germania amplia la portata dell’accordo dal livello europeo a quello mondiale come ricordato dai due leader: il presidente francese Emmanuel Macron ha definito il trattato di Aquisgrana “uno scudo di protezione dei nostri popoli contro le tempeste del mondo” e la cancelliera tedesca Angela Merkel “la risposta dei nostri due Paesi di fronte al rafforzarsi di populismo e nazionalismo”.
La collaborazione tra le due potenze è stata elevata a tal punto da portare all’istituzione del Consiglio dei Ministri franco-tedesco che si riunirà almeno una volta l’anno. Facoltà per membri del governo di uno dei due Stati di prendere parte almeno una volta a trimestre ai consigli dei ministri dell’altro Stato. L’accelerazione imposta dal duo Macron-Merkel è uno schiaffo ai sovranisti anti-europeisti di Rassemblement National e Alternative fur Deutschland, senza scordare la messa nell’angolo dell’Italia giallo-verde. Il governo Conte, impegnato solo a guardare i pochi barconi carichi di miseria umana che cercano approdo a sud, e scrutando improbabili orizzonti verso il gruppo di Visegrad, è rimasto fuori dalla porta e dovrà accontentarsi delle briciole di quello che inizia a delinearsi come il motore trainante dell’Europa.
Una cooperazione che punta su rapporti strettissimi tra Francia e Germania, consultazioni prima dei vertici europei per presentare una posizione unica; unione nella lotta al terrorismo e criminalità organizzata; connessione tra i propri sistemi di ricerca ed istruzione attraverso la creazione di un network comune. Dal punto di vista economica i due paesi intendono semplificare ulteriormente il passaggio delle frontiere, arrivando a creare uno spazio economico franco-tedesco con standard comuni messi a punto da un Consiglio di esperti economici. Intesa anche sul clima, con l’impegno a portare avanti l’intesa di Parigi del 2015 nonché l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, ritenendo fondamentale “il rispetto della difesa del clima in tutti gli ambiti politici“.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, parlando ad Aquisgrana dopo la firma del trattato, ha dichiarato: “L’Europa ha bisogno di un segnale chiaro da Francia e Germania, sul fatto che questa collaborazione non rappresenti un’alternativa alla collaborazione con tutta l’Europa”. Ancora più soddisfatto il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker: “L’amicizia franco-tedesca non è solo un sogno, ma una realtà e una necessità che garantisce la pace in Europa. Negli ultimi anni Francia e Germania sono state quasi sempre unite, questo a volte irrita gli altri partner. Ma questa irritazione diventa dolore se la comprensione diventa incomprensione. Quindi per favore curate questa amicizia, ci fa stare tutti più sereni”.
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Raramente ho letto un articolo migliore, su un tema che la stampa ha in genere sottovalutato. In realtà, la collaborazione privilegiata tra Germania e Francia non è nuova, il Trattato di Aquisgrana l’ha solo in qualche modo formalizzata e consacrata. Non è nuovo neppure il fatto che l’asse franco-tedesco sia il pilastro portante dell’Europa integrata. È un bene o un male? In sé, per l’interesse della pace e della stabilità in Europa e del suo peso nel mondo, è un bene assoluto, come ha detto Juncker. Però non deve diventare un duopolio esclusivo a scapito di tutti gli altri europei. Che ciò non accada dipende in gran parte da noi, ora che la Gran Bretagna si è chiamata fuori. L’Italia fa parte del nucleo fondatore dell’Europa, e da sempre, con maggiore o minore successo, ha avuto nei confronti dell’amicizia franco-tedesca un atteggiamento schizofrenico e una certa gelosia. Però con governi seri (Monti, Letta, Gentiloni e, in una certa misura, Renzi) siamo a tratti riusciti a non farci tagliare fuori. Fare della guida dell’Europa un tavolino a tra, e non a due sole, gambe, è possibile, ma l’attuale governo sta facendo tutto il possibile per respingerci in serie, forse neppure B, ma C.