Brexit, Corbyn propone un secondo Referendum

Prende, alla fine, una posizione netta sulla Brexit Jeremy Corbyn, leader dei laburisti britannici, e annuncia, ad un raduno del partito e dopo un periodo di silente osservazione, un secondo referendum sulla questione, nell’intento di scongiurare l’uscita di Londra dalla Ue senza un accordo con Bruxelles.

Queste le motivazioni ufficiali, mentre il premier Theresa May assicura che il distacco dall’Unione avverrà entro i termini utili nel mese di marzo e in base a procedura con forme e contenuti concordati.

Corbyn, sovente tacciato di essere a sua volta un euroscettico non dichiarato, ha avuto problemi all’interno del partito, ed ora, con la mossa della consultazione popolare se le opzioni dovessero restare il piano della May o il No Deal, riguadagna terreno e la fiducia di quel segmento europeista dei Labour che aveva manifestato malcontento nei suoi confronti.

Diversi deputati, infatti, avevano abbandonato il partito per le indecisioni del loro leader sulla Brexit, forse dettate dal proposito di non perdere i voti della working class del Nord inglese pro uscita.

Vi è, dunque, il calcolo politico alle radici della scelta. Sebbene, personalmente, non sia convinto di un secondo referendum, Corbyn vuole comunque distanziarsi dalla May e magari, quasi certo della scarsa probabilità di un secondo voto sulla Brexit, imporre il suo personale piano sulla questione, fondato sulla previsione di un’unione doganale permanente, che tanto piace ed è appoggiato dalle autorità europee.

Il leader laburista ha, infatti, incontrato in questi giorni in Belgio il capo negoziatore Barnier. L’emendamento per far saltare il piano della May non sarà presentato al partito questa settimana, mentre sarà votato a breve quello della laburista Yvonne Cooper, per poi sottoporlo al vaglio della Camera.

In caso di approvazione, la May avrebbe tempo fino al 13 marzo per far passare il suo piano, altrimenti il Parlamento prenderebbe le redini della questione, con automatico rinvio della Brexit al previsto 29 marzo, oltre il quale, in assenza di accordo, l’orizzonte per il Regno Unito diviene assai incerto.

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