Ride (Film, 2018)
Ride è il debutto alla regia di Valerio Mastandrea, uno dei nostri attori più noti, spesso impegnato a recitare in produzioni indipendenti, guidato da giovani registi dotati di un progetto interessante, che ricordiamo per aver fatto uscire postuma l’opera di Claudio Caligari (Non essere cattivo). Un debutto tra luci e ombre, tutto sommato incoraggiante, con tema portante il diverso modo di metabolizzare il dolore, i rapporti familiari e l’amore coniugale (di moraviana memoria), le morti sul posto di lavoro (tema caro al regista).
Ride si basa su un soggetto ridotto all’osso: muore un operaio in fabbrica, che lascia una moglie (Martegiani), un figlio (Marchetti), un padre anziano (Carpentieri) e un fratello scapestrato (Dionisi), si organizzano i funerali e una protesta aziendale. Fine della storia. Tutto il resto è ottima sceneggiatura teatrale, studio introspettivo dei caratteri, dialoghi intensi – spesso grotteschi – tra i personaggi, con il regista che non prende posizione ma racconta, lasciando la macchina da presa libera di muoversi tra volti e luoghi per fotografare i diversi punti di vista. Molto brava Chiara Martegiani nel tratteggiare una vedova che non riesce a piangere, fino alla stupenda sequenza finale in cui rivede il marito a tavola mentre mangia un piatto di spaghetti, quindi lascia il posto al figlio, in un’ideale passaggio di consegne generazionale. Renato Carpentieri è uno straordinario vecchio padre operaio, costruito su molti silenzi e poche parole per far capire un rapporto difficile con i figli, soprattutto con Stefano Dionisi, il figlio malvivente che considera morto. Arturo Marchetti è un bambino spontaneo, recita senza forzature la parte del figlio che insieme a un amico sul tetto della casa familiare prepara un’intervista che non ci sarà mai, a tema la morte del padre. Milena Vukotic regala un breve cameo come vicina anziana che trucca la vedova prima del funerale e le consiglia di essere la più bella, di restare donna, nonostante tutto.
Ride vive soprattutto della sua impostazione teatrale basata su dialoghi a metà strada tra il realistico e il surreale, di fatto un dramma che in alcune situazioni si stempera in commedia, spesso indeciso su quale strada prendere, troppo dilatato nei tempi per le cose da dire. Inesperienza del primo film da regista, peccato di esuberanza che si perdona, perché uno straordinario finale riscatta le evidenti stonature, come la lunga sequenza del rapporto padre-figlio che si dipana tra la casa sul mare e l’obitorio. Girato a Nettuno, con buona fotografia marina del diligente Fastella e montaggio da puro cinema d’autore curato dall’esperto Bonanni. Ottima colonna sonora, tra pezzi rock sintetici che vogliono essere fastidiosi e la dolcissima canzone finale. Da vedere.
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Regia: Valerio Mastandrea. Soggetto e Sceneggiatura: Valerio Mastandrea, Enrico Audenino. Fotografia: Andrea Fastella. Montaggio: Mauro Bonanni. Musica: Emiliano Di Meo, Riccardo Sinigallia. Produzione: Kimera Film, Rai Cinema. Interpreti: Chiara Martegiani, Arturo Marchetti, Renato Carpentieri, Stefano Dionisi, Milena Vukotic, Mattia Stramazzi. Durata: 95’. Distribuzione: 01. Genere: Drammatico – Grottesco.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]