Ora la parola ai Partiti
Considerare la fiducia espressa al Governo Letta come un punto di arrivo sarebbe una offesa all’intelligenza. Questo atto significativo è invece un punto di partenza per porre in essere immediatamente atti concreti per rilanciare quella crescita economica esiziale alla ripresa del Paese anche nell’interesse di tutta l’Europa che ormai conosce situazioni identiche alle nostre. Certo un cambio di rotta da parte dell’EU sarà nei prossimi giorni fondamentale ma intanto noi, per nostro conto dobbiamo agire autonomamente.
Esiste però anche un problema di fondo. L’attuale maggioranza è sostenuta da Partiti che devono definire proposte e rinnovate articolazioni al passo con i tempi. Il PD ha compiuto la propria svolta non solo generazionale ma inserita nel socialismo europeo lontano dalla sinistra radicale. Vedremo in seguito quali saranno gli effetti della segreteria Renzi. La parte alternativa alla sinistra invece ancora indugia a trovare un suo complessivo ed univoco assetto che la renda autorevole numericamente e politicamente sia sul piano nazionale che nel PPE e quindi in Europa.
Soffermarsi a ricercare formali identificazioni, disarticolate rappresentanze non serve a nulla. Definirsi di centro-destra o più semplicemente di centro non ha più senso, è una terminologia formale superata dai fatti. I cittadini non amano formule ma programmi incisivi. Alfano, Mauro, l’UDC devono decidere insieme quale blocco sociale intendono rappresentare come forza di Governo. Ciò in un momento storico, quale l’attuale, che richiede soluzioni adeguate a soddisfare le esigenze oggi compresse da una epocale crisi alla quale si è risposto, complice la Germania, con politiche di ferreo rigore che certo non sviluppano tutte le potenzialità ancora esistenti in Italia e in tutti gli altri Paesi dell’UE.
Se ciò non dovesse avvenire in tempi rapidi, l’attuale tripolarismo vedrebbe premiare il populismo elettorale di Berlusconi e quello sfascista di Grillo. Populismi che, per i toni che usano e gli obiettivi che si pongono, minano dal profondo complessivamente le istituzioni repubblicane senza stimolare adeguate soluzioni ai problemi con l’unico scopo recondito di assumere un potere assoluto non certo rispondente ai più elementari canoni di democrazia. Sappiamo, per passate esperienze, che non è facile ricondurre ad unità le sensibilità diverse, anche se non antitetiche, ma è questo lo sforzo che si attende da una nuova classe dirigente.
Noi europarlamentari del PPE non aderenti a Forza Italia non demordiamo perché riteniamo questa prospettiva l’unica intelligente linea di marcia per poter definire un nuovo ed originale Partito dei Popolari che sia in grado di rappresentare adeguatamente, con idee, valori riscoperti e rinnovati, quanti non si riconoscono a sinistra e non vogliono nuovamente essere affascinati da pifferai, efficaci affabulatori senza anima e storia, spesso responsabili delle difficoltà nelle quali viviamo a tutela di ben celati interessi individuali. Lo chiede l’Italia, lo dobbiamo agli italiani. Bisogna ridare corpo alla speranza, all’entusiasmo di un rinnovato impegno nella politica ai giovani e ai meno giovani, disorientati e rinchiusi in loro stessi in attesa che qualcosa di nuovo appaia anche al loro orizzonte . E’ questa la vera sfida che abbiamo davanti.
©Futuro Europa®
[NdR – L’autore dell’articolo è eurodeputato del PPE e vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo]