Italia delle Regioni

Per gli amministratori under36 un corso di filiere agroalimentari e territori a Viterbo. Lo sviluppo territoriale attraverso le filiere agroalimentari di qualità. E’ questo il tema centrale della tre giorni formativa per amministratori under 36 che Anci e Coldiretti organizzano per il fine settimana dal  28 al 30 marzo a Viterbo. Un seminario, la cui sede sarà lo splendido scenario del Palazzo dei Priori, che affronterà tutti quei temi che servono a irrobustire le conoscenze e le competenze dei giovani amministratori che intendono puntare sull’agroalimentare per migliorare i propri territori e le proprie comunità.

Tra i temi della tre giorni, lo sviluppo territoriale sostenibile, le competenze progettuali da mettere in campo (anche secondo gli standard comunitari), le competenze comunicative e relazionali necessarie e la co-progettazione nello sviluppo delle iniziative.

L’esperienza formativa sarà poi arricchita da testimonianze in aula di esperienze territoriali significative riguardanti la sinergia e l’integrazione tra imprese e amministrazioni comunali. E ancora, condivisione di buone pratiche, laboratori learning by doing e progetti territoriali reali illustrati dai singoli partecipanti.

Alla tre giorni parteciperanno, tra gli altri, il sindaco di Viterbo Giovanni Arena, il presidente Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici, Domenico Cersosimo dell’Università della Calabria, l’assessore all’Agricoltura e ambiente della Regione Lazio Enrica Onorati e il vicesegretario generale Anci Antonella Galdi.

“Rimettere mano alla questione delle province” è “una necessità stringente di governo del territorio e di adeguato svolgimento di funzioni essenziali per la vita delle nostre comunità: i tagli sistematici delle risorse per la spesa per gli investimenti hanno assestato un colpo molto duro ad una parte del patrimonio pubblico, in primis scuole e strade; i tagli di parte corrente hanno reso viceversa impossibile, in molti casi, chiudere i bilanci. Sono due elementi a cui occorre riparare immediatamente, come in parte si è iniziato a fare dal 2017″, lo ha affermato nel corso del suo intervento all’assemblea annuale dell’Upi, Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Riferendosi poi all’istituzione di “un tavolo presso la Conferenza Stato-Città al fine di tracciare le linee guida per una revisione organica della disciplina delle province e delle città metropolitane”, Bonaccini ha sottolineato  l’esigenza di un “pieno e diretto coinvolgimento delle Regioni: non per ragioni di bon ton istituzionale, ma perché la legislazione regionale, pur all’interno di una cornice generale fissata dallo Stato, ha una rilevanza specifica nella disciplina e allocazione delle funzioni locali”.
Secondo il Presidente della Conferenza delle Regioni “va anzitutto restituita capacità sostanziale e operatività alle Province, a partire dai profili di ente di gestione, di ente di supporto ai Comuni, di ente strategico nella programmazione territoriale. Perché le Province possano stare in piedi davvero, è urgente rivedere le scelte compiute sia rispetto ai limiti di spesa, sia a quelli assunzionali; ma serve uno sguardo attento e quindi la flessibilità di contemperare anche le stesse funzioni conferite dalle Regioni”. E “Se guardo alle necessità più stringenti del territorio, c’è poi l’urgenza di ripristinare una reale ed efficace capacità di spesa per investimenti. Ne ha bisogno il territorio, ne ha bisogno la nostra economia”.

Toccato poi il tema dell’autonomia: “come sapete, alcune Regioni, tra cui l’Emilia-Romagna, hanno avviato dalla fine del 2017 il percorso per ottenere l’autonomina differenziata ai sensi del 3° comma dell’art. 116 della Costituzione. Dopo l’intesa preliminare sottoscritta con il Governo Gentiloni nel febbraio del 2018, abbiamo riaperto il confronto anche con questo Governo, in particolare dal luglio scorso, e c’è un impegno dell’esecutivo ad arrivare ad una prima proposta di Intesa entro la fine di questa settimana. Vedremo. Credo rappresenti un’occasione molto importante per assestare in modo più compiuto il nostro impianto istituzionale e amministrativo, a quasi 20 anni dalla riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione; un passaggio cruciale per il Paese per identificare finalmente costi e fabbisogni standard, anche se si partirà dalla spesa storica; e, naturalmente, per definire livelli essenziali delle prestazioni a cui ha diritto ogni cittadino nel nostro Paese. Per noi è anche un’occasione di ridefinire la legge che ha dato attuazione in Emilia-Romagna alla Delrio. Abbiamo cioè concepito l’autonomia rafforzata come un processo che investa il sistema regionale, non solo l’Ente Regione; oltre che, ovviamente e soprattutto, come un’opportunità per tutta la società emiliano-romagnaola: non a caso, insieme al costante confronto con Anci e Upi, abbiamo promosso anche quello con le parti sociali, le Università, le CCIAA, il terzo settore: tutti soggetti della rappresentanza che nella nostra Regione hanno sottoscritto il Patto per il Lavoro. Perché per noi la rappresentanza, tanto quella sociale quanto quella istituzionale, hanno un profondo valore democratico, coesivo, di crescita. Credo anche che i numeri dell’economia, insieme agli indicatori relativi a tutte le performance dei servizi, ci stiano dando ragione in questa visione. Per noi l’autonomia è uno strumento, non un fine. Serve a cogliere meglio obiettivi qualificanti, quali la rigenerazione urbana e la prevenzione sismica; la programmazione territoriale e il contrasto del dissesto idrogeologico; l’ammodernamento delle infrastrutture materiali e immateriali; la programmazione scolastica e quella sanitaria; gli investimenti, il diritto allo studio, o la promozione del patrimonio artistico-culturale”.

Per questi motivi, ha proseguito Bonaccini, “mi spiace che nel dibattito un po’ semplificato sulla stampa tutto questo stia passando in secondo piano rispetto al tema dei residui fiscali, che l’Emilia-Rimagna non ha mai posto; al cosiddetto “fronte del nord”, che non mi interessa in alcun modo. Mi spiace anche che si vogliano mettere in contrapposizione territori, quando per me la solidarietà è un valore imprescindibile; o che si paventi addirittura un rischio per l’unità del Paese, quando per noi l’unità della nazione è un valore costituzionale imprescindibile.  Rischiano in questo modo di passare sotto silenzio, dicevo, alcuni fatti di una certa rilevanza: tra questi quello per cui quasi nessuno degli obiettivi che ho indicato può prescindere da un ruolo attivo delle Province. Io credo in una Regione che si occupa di legislazione e grande programmazione, non di gestione. E quando siamo stati costretti a fare un passo avanti sulla gestione lo abbiamo fatto – ha aggiunto – investendo sulla capacità di intervento degli Enti Locali, in forma associata, o attraverso agenzie istituite ad hoc”. La “nostra” autonomia – ha concluso Bonaccini – ha bisogno di Province in piedi; necessita che tra la Regione e i Comuni vi siano enti intermedi (di volta in volta le Unioni o la Province) che possano gestire o coordinare; ha bisogno di un sistema territoriale, non di una Regione pervasiva e centralistica. Di questo vorrei discutere a beneficio di tutti, dell’Emilia-Romagna come del resto del Paese.

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