La recessione e l’enigma Salvini
Economia in recessione, occupazione in calo, debito pubblico in crescita: ecco il risultato di meno di dieci mesi di governo giallo-verde. Un recente studio dell’OCSE lo denuncia con chiarezza, boccia la politica economica del Governo, critica misure come il reddito di cittadinanza e la quota 100, e prevede per quest’anno un calo del PIL dello 0,2%. La reazione di Di Maio è stata: “l’OCSE non interferisca”. È una risposta tipica: se qualcuno ci critica, dicendo cose esatte non gli rispondiamo nel merito, lo accusiamo di colpevole ingerenza e gli diciamo di farsi i fatti suoi. Dimenticando, nel caso specifico, che “i fatti” dell’OCSE, della quale siamo parte, sono proprio quelli di valutare la politica economica dei Paesi membri e, ove occorra, indicare le correzioni necessarie.
Altrimenti, che ci starebbe a fare? Sarebbe come se, quando il medico – viste le analisi appropriate – ci indica le nostre malattie e ci consiglia di migliorare regime di vita, gli dicessimo: non s’impicci. In questo caso, il medico direbbe: prima di distribuire, occorre crescere; per crescere occorrono misure ormai stranote: appoggio alla produzione, ricerca e sviluppo, serietà finanziaria, tutte cose che un populista non farà mai.
Ma non occorre certo l’OCSE per dirci che le cose non vanno bene. Lo dicono tutti: Banca d’Italia, Confindustria, Sindacati, stampa economica e qualsiasi economista serio. E i dati, spietati come usano esserlo le nude cifre, stanno in tutti i rilevamenti dell’ISTAT: l’Italia si è fermata.
Se ne è accorto il Governo? Pare di sì, se il finto Premier Conte promette “un decreto crescita” (crescita per decreto?!?). Lo sa Di Maio? Certo che lo sa, però non lo ammetterà mai, perché sa che le cause sono in gran parte attribuibili alle sciocchezze grilline (vi ricordate “il declino felice”?). E i l cattivo non è chi provoca i disastri, ma chi li denuncia (i famosi gufi?). E afferma sicuro: “Noi sappiamo quello che facciamo”. Terrificante! Anche Maduro lo dice, tra le macerie del Venezuela (per carità, non faccio paragoni, ma insomma!).
Ma la questione chiave è: lo sa Matteo Salvini? E se lo sa, che cosa pensa di fare? Salvini, per me, resta un enigma. Lo si può ritenere un rozzo populista di destra, bravo a cavalcare paure e idiosincrasie diffuse. Il modello è largamente presente nel mondo, da Trump a Orban, da Farrage alla Le Pen e all’AFD tedesca. Ma continuo a sospettare che ci sia qualcosa di più (di meglio?) in lui, qualcosa che ancora sfugge all’analisi. A questo riguardo, mi ha colpito quello che ha detto in una recente intervista TV Giulia Bongiorno, Ministro della PA nell’attuale governo. La conosco e la stimo da quando, giovane penalista, brillava nel Foro di Roma. Era a quell’epoca vicina ai craxiani, poi è diventata leghista. Però è una persona seria, intelligente e, sono sicuro, in perfetta buona fede (se non credesse in quello che fa e dove sta, tornerebbe a fare l’avvocato, guadagnando molto di più). La Bongiorno, dopo aver ammesso che le apparenze non sono a favore del leader della Lega, lo definisce peraltro un uomo saggio, capace di valutare opportunità e rischi e di prendere rapide decisioni.
Saggio? Magari buono nel fondo, come lui stesso ama mostrarsi? Astuto, certo, capace di sentire gli umori della gente e attento a seguirli. Lo ha dimostrato nel freno all’immigrazione, nella legittima difesa, ma anche (per ora più a parole che altro) su TAV, Cina, Diritti Civili, aerei per l’Aviazione Militare. In Europa, fino ad ora non ha attuato i bellicosi proclami del passato. Colpisce il fatto che i suoi eccessi paiono sempre controllati, talvolta solo verbali, raramente spinti fino al limite di rottura.
In materia economica, la Lega non può voltare le spalle a quel mondo imprenditoriale, sia in Veneto, Lombardia che Piemonte, nel quale essa affonda le radici elettorali. Quel mondo è ora in posizione critica, quasi di rivolta, contro le politiche dei 5 Stelle.
Un recente editoriale del Corriere, a firma del suo Direttore Fontana, denuncia con chiarezza e vigore uno stato di cose insostenibile: recessione, calo dell’occupazione, crescita del debito pubblico, assenza di una politica estera seria e coerente (e, aggiungo, di una politica militare di sicurezza), liti continue tra alleati. E chiede un cambio dopo le Europee. Difficile dargli torto!
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