La donna elettrica (Film, 2018)
La donna elettrica è uno dei quattro film che in un anno riesce a produrre la piccola Islanda, non molto nota come potenza cinematografica, forse più conosciuta per il gelo artico del suo clima, per i mercati del pesce e per i paesaggi nordici incontaminati. Il film, prodotto insieme a Francia e Ucraina – opera seconda di Benedikt Erlingsson, un attore passato alla macchina da presa – è una divertente commedia, puro cinema militante arricchito da spaccati sentimentali e da trovate originali, come il coro (fisarmonica, trombone, batteria e piano) inserito nell’azione scenica, a imitazione ironica della tragedia greca.
La protagonista è Halla, un’insegnante di canto che si dedica a sabotare gli impianti di una fabbrica di alluminio, diventata obiettivo economico cinese, che sta compromettendo l’equilibrio geologico della sua terra. Halla ha una sorella gemella che si dedica alla meditazione orientale, utile nell’economia del film quando la terrorista verrà scoperta e arrestata, perché sarà con uno scambio di persona che potrà fuggire di cella. La parte sentimentale del film vede la donna alla ricerca della maternità, tramite adozione di una bambina ucraina, sogno portato a compimento nelle scene finali.
È Donna in guerra il titolo originale islandese, ben più calzante vista la storia di una combattente ecologica che con mezzi artigianali abbatte tralicci, toglie la corrente alle fabbriche e diffonde comunicati in difesa della natura. La donna elettrica è accattivante per il pubblico italiano, un titolo più intrigante e misterioso voluto dalla produzione. Fotografia mirabile – non difficile vista la materia prima – tra paesaggi nordici sconfinati, radure pietrose e fredde, muschi e licheni verso i quali la donna affonda il suo volto per sottolineare il rapporto stretto con la natura. Finale in Ucraina, con la bambina in braccio, prelevata da un orfanatrofio, condotta verso una nuova vita che sarà comunque intrisa di difficoltà, simboleggiate da una natura ribelle che blocca l’autobus diretto verso l’aeroporto con una metaforica inondazione. Una piccola storia, narrata con garbo e passione, ecologica e sentimentale, lieve e intensa, dolce e intrigante.
Un film da vedere, naturalmente poco visibile se non disponete di una sala collegata al cinema d’essai. Noi l’abbiamo visto grazie al Piccolo Cineclub Tirreno di Follonica.
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Regia: Benedikt Erlingsson. Interpreti: Halldora Geirharosdottir, Johann Siguroarson, Juan Camillo Roman Estrada. Durata: 100’. Genere: Commedia.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]