Cronache dai Palazzi
Al via il Def, il Documento di economia e finanza varato da Palazzo Chigi che detta le linee economiche fino alla prossima legge di Bilancio. Una crescita del Pil di appena lo 0,2% per il 2019 – tra l’altro “soggetta a rischi al ribasso” – è il fattore più allarmante, anche se si prevede un +0,8% nel 2020. Il deficit, invece, passerebbe al 2,4% e in seguito al 2,1% del Pil, mentre il debito pubblico al 132,6% e al 131,3% del Pil nel biennio, nonostante le privatizzazioni in atto. Questi sono i punti chiave del Def, i pilastri del quadro macroeconomico “programmatico” che tiene conto degli effetti dei provvedimenti messi in campo dal governo per favorire la crescita e tenere a bada i conti pubblici. Provvedimenti non del tutto chiari dato che gli azionisti della maggioranza, Lega e Cinque Stelle, non sembrano condividere tutti i passaggi. Secondo il ministro dell’Economia Giovanni Tria non è possibile, ad esempio, attivare una flax tax per le famiglie e, nel contempo, cancellare i previsti aumenti dell’Iva.
Quota 100, inoltre, dovrebbe avere un impatto pari a zero sulla crescita nel 2019 e anche l’anno prossimo, provocando tra l’altro un calo dell’occupazione fra lo 0,3 e lo 0,5% nei prossimi anni, dato che solo una parte dei lavoratori che abbandoneranno il lavoro in anticipo verranno rimpiazzati. Ciò viene spiegato in un capitolo del Def dedicato all’impatto di Quota 100 e del Reddito di cittadinanza sull’economia. Si prevede che la manovra legata al pensionamento anticipato abbia un discreto effetto sulla crescita (0,2%) – dovuto all’aumento della produttività e una riduzione delle retribuzioni dato il calo degli occupati – solo dal 2021.
lI Reddito di cittadinanza dovrebbe invece impattare positivamente sul Pil fin da subito, provocando in primo luogo un aumento dei consumi delle famiglie e dei soggetti a basso reddito destinatari del sussidio. Si prevede un aumento dello 0,2% quest’anno, lo 0,4% in più nel 2020 e lo 0,5% in più nel 2021 e nel 2022. Nello stesso tempo aumenterà però il tasso di disoccupazione dello 0,4% nel 2019 e dell’1,3% l’anno prossimo, in seguito alla lievitazione del numero degli inoccupati che si iscriveranno ai centri per l’impiego per ottenere il sussidio. Ovviamente se una buona parte di coloro che beneficeranno del reddito di cittadinanza troverà un lavoro l’incremento dell’occupazione sarà consequenziale: dello 0,1% nel 2019, dello 0,3% nel 2020, dell’1,1% del 2022, e così via.
In definitiva nel Def si legge che “per il triennio 2019-2021 risultano maggiori spese complessive per circa 133 miliardi afferenti prevalentemente all’area ‘Lavoro e pensioni’” e nella premessa si assicurano “meno tasse per le famiglie numerose con disabili”. Il Documento esplica anche l’obiettivo della flax tax per i ceti medi. È previsto inoltre un aumento degli investimenti pubblici del 5,2%.
A proposito di coperture solo nel 2020 servirebbero una quarantina di miliardi, da recuperare con tagli di spesa e la revisione dei bonus fiscali (detrazioni e deduzioni fiscali). Tutto ciò per finanziare la cosiddetta “tassa piatta” per le famiglie ma anche per eliminare eventuali aumenti dell’Iva, che dovrebbero scattare dal prossimo anno.
Per quanto riguarda la “spending review” il governo prevede una sforbiciata alla spesa pubblica di appena un miliardo di euro nel triennio, alla quale si aggiungono 2 miliardi di tagli alla spesa ministeriale, una manovra che Bruxelles aveva consigliato di accantonare ma che nei conti di oggi, dell’esecutivo, si dà già per assodata. Il taglio nei ministeri dovrebbe continuare anche nel 2020 e nel 2021. Nel 2022 dovrebbe raggiungere i 6 miliardi.
In sostanza i tagli reali della spesa pubblica si quantificano in 2-3 miliardi, appena un ventesimo delle entrate che servirebbero. In questo contesto si riaffacciano quindi le “tax expenditures”, ossia gli oltre 70 miliardi annui di bonus fiscali che si riferiscono a detrazioni, deduzioni e regimi agevolati concessi alle imprese e ai contribuenti.
Nonostante le difficoltà evidenti, il Def fa leva su un’eventuale riduzione del debito. Oltre ai 17 miliardi necessari quest’anno, ne servirebbero altri 10 tra il 2019 e il 2020 per garantire una flessione del rapporto debito/Pil nel prossimo biennio.
Il ministro Tria ha ammesso che il nuovo programma di riduzione del deficit pubblico – come il finanziamento delle missioni di pace, i rinnovi del pubblico impiego e gli investimenti pubblici – “richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità”. Sono chiare quindi le difficoltà alle quali va incontro la prossima legge di Bilancio, quando occorrerà recuperare almeno 23 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva, ma anche per poter applicare la flax tax estesa alle famiglie (15% l’aliquota prevista per la flax tax fino a 50 mila euro), e per poter attuare le cosiddette politiche invariate. La questione è anche evitare che parte di quei 23 miliardi si trasformino in deficit e debito in più l’anno prossimo. A proposito della “tassa piatta” sui redditi dei ceti medi il ministro Tria prende tempo, come per un eventuale resoconto da rendere alla Commissione Ue.
Appena quattro mesi fa l’Italia ha preso un impegno formale con Bruxelles, tantoché il commissario Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis si aspettano dei chiarimenti da parte del governo di Roma.
Tutto è rinviato a dopo le Europee di maggio, e molto probabilmente le decisioni definitive si prenderanno dopo l’estate, ad ottobre, quando occorrerà mettere le mani in pasta per la nuova legge di Bilancio. Anche l’Ufficio parlamentare di bilancio ribadisce i rischi di un ulteriore ribasso della crescita, ma Palazzo Chigi auspica un superamento dello 0,2% previsto per quest’anno. Un superamento che per avverarsi necessita di cambiamenti strutturali e misure chiare.
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