Se l’Europa si ferma torniamo indietro
Una nuova narrativa europea si rende necessaria per ricostruire il sogno europeo. Il Presidente del Consiglio Enrico Letta è tornato più volte, negli ultimi giorni, sulla necessità di modificare l’attuale strategia. Non solo attraverso l’attenuazione delle politiche di austerity, che alla lunga possono distruggere, ma attraverso la riscoperta della collaborazione fra gli stati e della scelta di una nuova visione, di una nuova storia: “Manca il cuore, l’anima, lo sviluppo della narrativa europea”. Ad aprile di quest’anno, il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, ha lanciato l’iniziativa “Una nuova narrativa per l’Europa”: la necessità di comprendere e raccontare le istituzioni europee, i meccanismi decisionali, le linee politiche e le influenze sulla vita dei cittadini. Partire dal racconto per ridare senso ad una storia e per creare un futuro. Narrare e creare una storia per essere capaci di ridare vita al sogno europeo. Partendo dalla realtà, comprendendo che non si possono accettare trattati invasivi, integrati e verificati da “superate” politiche economiche, e allo stesso tempo non agire se queste politiche creano più danni che vantaggi.
Aleggia una sorta di fantasma dell’inamovibilità, quasi come se tutto dovesse restare così com’è, o peggiorare. Se Enrico Letta si rende conto, nei suoi incontri europei, che molti cittadini e politici, soprattutto tedeschi, credono che l’euro sia stato salvato solo da loro, abbiamo un serio problema di comunicazione.
“L’euro l’abbiamo salvato tutti insieme. Abbiamo messo molti miliardi anche noi italiani” ha affermato Letta, e raccontare questa verità significa ripartire da una condivisione oggettiva fatta per costruire e non per distruggere. Conoscenza e condivisione non possono trovare spazio solo nei meccanismi economici, spesso imposti, da una sola parte. Essenziale, quindi, un realismo, storico, capace, senza illusioni, di riprendere il cammino verso un’Europa giusta, inclusiva e che abbia i tratti dell’autenticità. Occupandosi in concreto di tutte le sue “periferie”. Dire che tutti insieme, tutti i paesi europei, hanno salvato l’euro, significa cercare di tacitare gli sciovinismi che si stanno moltiplicando e ridare vita ad un processo di costruzione europea che allontani la distruttività forcaiola, non condivisibile, che muove comunque da concreti disagi e sofferenze.
I cittadini di tutti i paesi europei devono confrontarsi quotidianamente con disoccupazione, incertezza, disuguaglianza crescente. L’antieuropeismo cresce senza che si affronti realmente il problema, e quelle politiche che dovevano servire ad unire, stanno invece contribuendo alla divisione. Riscrivere la storia della nostra Europa a partire da una conoscenza che porti a decidere e deliberare con realismo per fare la “scelta più giusta”. Possibile che gli interessi degli stati europei siano così diversi fra loro? Per condividere interessi e obiettivi è importante cominciare a fidarsi gli uni degli altri. La mancanza di fiducia può essere un circolo vizioso che alimenta il caos.
Riscrivere la storia per cambiare direzione. Il paradigma va cambiato a partire dalla considerazione che l’economia è “materia”, non è “anima”. Il mondo globalizzato e liquido, si fonda su un individualismo non solo personale ma sistemico, che può far naufragare l’idea stessa di pace. La narrazione a partire dall’obiettivo iniziale dei padri fondatori dell’Europa: ricostruire a partire dalla pace e dalla giustizia sociale. Riforme e leadership europea non sono più rinviabili.
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2 Comments
Da vecchio e fervente europeo sono d’accordissimo. Sin da quando lavoravo a Bruxelles, nel cuore dell’UE, capivo che l’Europa soffriva di una grave difetto di comunicazione. Nessuno, né gli organi comunitari né i governi nazionali, compresi quelli più europeisti, si preoccupavano di spiegare alla gente, al grande pubblico, cosa vuol dire l’integrazione del Continente, i suoi vantaggi, le sue speranze, le sue prospettive. È ora che questo cambi, se si vuol contrastare scetticismo e ostilità diffusi, alimentati da demagoghi senza scrupoli, ma fondati su una percezione dell’Europa in larga parte sbagliata. Siano gli organi di Bruxelles a prenderne l’iniziativa, i mezzi e gli argomenti non mancano, ma si affidino a gente che lavora nel campo dell’immagine e sa dove mettere le mani. Questa deve essere l’opera di veri esperti, con idee e capacità di presentarle, non di grigi burocrati bruxellesi.
D’accordo. La nuova narrazione non è affabulazione, ma presa di coscienza del costo della non Europa, a partire dalla guerra che i fondatori hanno evitato proprio cominciando con integrazioni a piccoli passi. Nel 1989 al Ministero dell’Istruzione rilanciammo il Progetto Giovani, nato nel 1985, legandolo a una data allora futura, il 1993, data dell’inizio del mercato comune europeo. per sostituire il “viaggio” della droga. Lo slogan proposto alle scuole, per l’attuazione della legge antidroga e per l’educazione alla salute, diceva: “Star bene nelle istituzioni, in un’Europa che conduca verso il mondo”. Purtroppo il cammino dell’Europa verso il mondo è rallentato e i diversi paesi si sono in parte paralizzati a vicenda, con difese di interessi nazionali, invece che darsi obiettivi intercontinentali, per la salute della finanza e per la pace.