Italia delle Regioni
Parte il Piano per la Mobilità Sostenibile: stanziati 3,7 miliardi in 15 anni. Alle regioni attribuiti 2,2 miliardi. Il Governo adotta il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile stanziando 3,7 miliardi. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rende noto che il Piano intende soprattutto rinnovare il parco autobus adibiti al trasporto pubblico locale, investendo in particolare su mezzi meno inquinanti (elettrici, a metano o a idrogeno) e più moderni.
E’ previsto uno stanziamento da parte dello Stato di 3,7 miliardi di euro in quindici anni, dal 2019 al 2033. Pertanto le risorse del Piano verranno erogate in 3 periodi quinquennali a partire dal 2019, in base a criteri prefissati (che terranno conto ad esempio del numero di passeggeri trasportati e del numero di mezzi circolanti) su tre graduatorie distinte: una per i comuni capoluogo di città metropolitane e Comuni capoluogo di provincia ad alto inquinamento di PM10 e biossido di azoto (a cui verranno assegnati limitatamente al primo quinquennio di applicazione 398 milioni di euro); una per i comuni e le città metropolitane con più di 100.000 abitanti (a cui andrà 1,1 miliardi di euro); una per le Regioni (a cui verranno ripartiti 2,2 miliardi di euro).
Il Dpcm stabilisce anche che al sud debba andare non meno del 34% delle risorse stanziate. Inoltre le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50% del contributo concesso, possono essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l’alimentazione alternativa.
I comuni italiani, attraverso la loro Associazione Anci, hanno espresso in una recente audizione parlamentare osservazioni e suggerimenti sul Documento di Economia e Finanza 2019. “Il Def 2019 non riflette la complessità delle problematiche in cui gli enti locali versano, limitandosi ad impegni relativi al solo versante degli investimenti. È auspicabile che prima delle manovre per il 2020-22 ci sia un adeguato confronto politico e tecnico per delineare soluzioni ed interventi su problematiche prioritarie: dalla riduzione del peso del debito, alla riformulazione della perequazione”.
E’ questa la posizione espressa dall’Anci durante l’audizione presso le commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato nell’ambito della discussione del Def. A rappresentare il punto di vista dei comuni era presente Pietro Piciocchi, assessore al Bilancio e Patrimonio del comune di Genova.
L’associazione sottolinea come gli investimenti stanno mostrando segnali di ripresa: +16% e + 14% in termini di cassa, rispettivamente nell’ultimo semestre 2018 e nel primo semestre 2019 rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente. Sono segnali incoraggianti che non devono far sottovalutare, da un lato, l’importanza di un costante apporto di risorse statali e regionali, per integrare i margini degli enti; e dall’altro la necessità di una forte semplificazione per ridurre la distanza tra la progettazione e la realizzazione delle opere. Su entrambi i fronti i comuni riconoscono gli impegni contenuti nel Def, anche se ne auspicano una attuazione il più possibile ravvicinata.
Per l’Anci le dolenti note arrivano dalla spesa corrente in forte calo, anche dopo la fine della stagione dei tagli: tra il 2010 e il 2017 una contrazione pari al 7,5%. I dati del DEF riportano una riduzione delle spese intermedie degli enti locali anche nel 2018, nonché una significativa riduzione delle anticipazioni di cassa, scese nel 2018 a circa 8,8 mld. di euro rispetto ai 10 mld. del 2017, segno di una maggiore capacità di finanziamento autonomo.
Tutto questo si accompagna a diverse ‘mini-riduzioni’ di risorse destinate agli enti locali, effettuate, senza alcun tipo di concertazione, durante l’approvazione della Legge di stabilità 2019 per la riduzione generalizzata della spesa pubblica, che dovrebbero risultare temporanee, ma senza alcuna certezza.
Più in generale l’Anci sottolinea le criticità della perequazione, tutta centrata sulla redistribuzione di risorse dentro il comparto comunale, senza alcun contributo dello Stato. L’auspicio dei comuni è quello di un ritorno all’impianto previsto dalla Costituzione e dalla legge n. 42 del 2009, che deve vedere la determinazione dei livelli essenziali dei servizi comunali da finanziare con risorse statali.
L’Anci ritiene altresì prioritario attivare una coraggiosa azione di semplificazione che deve concretizzarsi nell’abbattimento dei mille vincoli ordinamentali e finanziari che tuttora gravano sul comparto e nel riconoscimento dello status degli amministratori dei comuni e delle città metropolitane.
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