Cronache dai Palazzi

“No al baratto tra libertà e ordine”. È stato questo il messaggio chiave trasmesso dal Capo dello Stato in occasione della commemorazione del 25 Aprile, giorno in cui l’Italia si fece “nazione”, come ha invece ricordato la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. “Il 25 Aprile è una data simbolica che evoca e racchiude i valori fondanti del nostro Paese ed esalta i pilastri immateriali su cui è stata eretta la nostra Repubblica: libertà, pace e democrazia, ha ricordato Alberti Casellati in un’intervista sul Corriere della Sera. È bene quindi celebrare per “continuare a ricordare l’orgoglio e lo spirito di sacrificio di un popolo che ribellandosi contro i totalitarismi ha trovato la forza di farsi nazione”. Ricordare vuol dire anche far sì che “le nuove generazioni conoscano le radici del nostro Stato di diritto, a partire dal valore universale della Costituzione repubblicana”, ha aggiunto la presidente del Senato.

In un clima segnato da varie polemiche in seno alla maggioranza di governo anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha reso omaggio al sacrario delle Fosse Ardeatine dopo aver presenziato alla cerimonia all’Altare della Patria insieme al capo dello Stato. Il 25 Aprile “è il giorno in cui il popolo italiano ha espresso una tenace volontà di riscatto e di rigenerazione morale dopo i tragici anni della dittatura e della guerra”, ha affermato Conte.

“È importante celebrare il 25 Aprile, perché abbiamo il dovere di ricordare chi ha lottato contro il nazifascismo anche a costo della vita”, ha invece dichiarato il presidente della Camera, Roberto Fico, sottolineando inoltre che “dalla forza ideale e civile della Resistenza è stato ricostruito il Paese, da lì nascono le basi della nostra democrazia”.

Nessun tentativo di riscrivere la storia del Paese, ha a sua volta ammonito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nasce così, anche in Italia, il movimento della Resistenza”.

Da Vittorio Veneto in provincia di Treviso, Sergio Mattarella, accolto dal governatore Luca Zaia, ha ricordato che “il 25 Aprile vede la luce l’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere”. Con attenzione e rispetto nei confronti del passato e con lo sguardo proiettato sul presente, il capo dello Stato ha inoltre aggiunto: “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”. L’esperienza della Resistenza “è un fecondo serbatoio di valori morali e civili” e come tale “ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di donne e uomini fieri e liberi che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso vorrebbe farci tornare a epoche oscure”, ha ammonito Mattarella.

Per Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, il 25 Aprile “è la festa degli italiani, non è una festa di partito. È la festa dei valori e della libertà”.

I numerosi atti vandalici dal nord al sud del Paese, contro monumenti e luoghi simboli dell’antifascismo, mancano di rispetto alla Repubblica, alla libertà e alla democrazia. In questo contesto si inserisce anche la partecipazione al concetto di Occidente e la stessa storia dell’integrazione europea “caratterizzata dalla complementarietà e dalla convivenza delle istanze nazionali con gli slanci e i sentimenti comunitari”, come ha ricordato la presidente del Senato Alberti Casellati, sottolineando che “l’Europa è la casa comune che ci ha garantito oltre 70 anni di pace, di democrazia e di benessere sociale”.

“Il sovranismo non minerà l’Unione europea”, ha infine pronosticato il Capo dello Stato con lo sguardo rivolto verso le Europee di fine maggio; mentre sul fronte nazionale si auspica un dialogo costruttivo tra gli azionisti della maggioranza soprattutto in vista dell’ardua manovra finanziaria che si dovrà riscrivere in autunno.

Per quanto riguarda il contingente il presidente della Repubblica ha invece promulgato la legge sulla Legittima difesa, scrivendo “contestualmente” alle Camere per sottolineare che le nuove norme non devono affievolire il ruolo dello Stato. “Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia, scrive il capo dello Stato nella lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio.

I concetti chiave della lettera del presidente Mattarella alle Camere sono i seguenti: la condizione di “necessità”, prevista dal Codice Rocco e ancora vigente, non può essere abolita dalla nuova legge in quanto verrebbero contrastati i principi costituzionali. In pratica affinché la difesa sia legittima deve continuare a sussistere la necessità di difendersi da un pericolo attuale (ossia in atto, contemporaneo) di un’offesa ingiusta. Una seconda importante osservazione del capo dello Stato riguarda il concetto di “grave turbamento” che non può essere invocato “soggettivamente” da chi ha sparato. Lo stato di grave turbamento dev’essere riconosciuto oggettivamente. Infine il presidente Mattarella rileva due errori materiali: alcune garanzie assicurate dalla legge per chi si è avvalso della legittima difesa non vengono estese al di fuori del domicilio (ad esempio se l’aggressione avviene per strada), né al reato di rapina.

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